Il caso dei neonati contagiati dal batterio killer all’ospedale di Verona, il racconto di una mamma disperata.
La vicenda del batterio killer nel reparto di Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento di Verona per il quale sono morti dei neonati, l’ultima piccola vittima lo scorso agosto, sta facendo emergere nuove storie drammatiche di genitori in angoscia per la sorte dei figli.
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Il batterio, Citrobacter koseri, che ha contaminato il reparto, ha contagiato almeno 96 neonati e l’esito dell’infezione per alcuni d loro è ancora sconosciuto. Una situazione che sta gettando nella disperazione diversi genitori.
Se i genitori dei 4 neonati morti e dei 9 rimasti cerebrolesi per l’infezione da Citrobacter koseri nell’ospedale di Borgo Trento a Verona sono costretti a subire in dolore fortissimo e inconcepibile, anche per le mamme e papà degli altri bambini infettati la situazione è durissima. Alcuni bambini contagiati dal batterio stanno male ma ancora non si conoscere quali danni può aver provocato il batterio killer e come potranno uscirne.
La mamma di uno di questi bambini ha raccontato il calvario del suo bambino in una lettera al quotidiano La Stampa. Il suo caso è abbastanza recente. La donna, infatti, ha raccontato di essere stata chiamata dall’ospedale lo scorso 15 maggio per essere avvertita dell’infezione batterica al suo bambino, che era ricoverato nella Terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Borgo Trento in quanto prematuro. Il bambino era nato lo scorso 30 aprile e ad appena due settimane di vita è stato trovato positivo al Citrobacter. Il batterio che la scorsa primavera aveva già ucciso tre bambini nell’arco di un anno e mezzo. L’infezione non era dunque una novità.
Quando la donna ha ricevuto la notizia le è caduto il mondo addosso, perché mai avrebbe immaginato che in un luogo dove suo figlio avrebbe dovuto trovare cure e protezione potesse contrarre un’infezione batterica del genere. “Ero convinta che lì lui fosse al sicuro – ha raccontato la mamma -. Il 13 maggio, però, un medico mi ha detto che il mio bambino doveva essere trasferito in un’altra struttura perché si era diffuso un batterio che avrebbe potuto colpirlo“. Così il neonato è stato trasferito all’ospedale Sacro Cuore di Negrar.
La donna ha spiegato che era convinta che suo figlio fosse sano, nonostante fosse nato prematuro. La scoperta dell’infezione batterica l’ha sconvolta. “Il nostro piccolo era stato infettato dal Citrobacter che può comportare gravissime conseguenze alla salute e, in alcuni casi, può persino condurre alla morte“, ha continuato la donna, raccontando l’angoscia e la disperazione sua e del compagno.
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Nonostante i medici l’avessero rassicurata sulle condizioni non critiche del figlio, la mamma non riusciva a non piangere. Quello che le ha suscitato più rabbia è il silenzio da parte dell’ospedale e dei sanitari sulla vicenda. La donna ha detto che il figlio è stato ricoverato all’ospedale di Borgo Trento per due settimane, stando “vicino ad altri quattro bambini“, senza sapere nulla dei casi di infezione nel reparto di Terapia intensiva neonatale. “Solo una mamma, il 12 maggio, dopo che sua figlia era stata trasferita, mi aveva parlato di un batterio. Ma dall’ospedale hanno sempre tenuto la bocca chiusa”, ha affermato la mamma.
“Come si fa – si è chiesta la donna – a non comunicare ai genitori una situazione del genere? A fare finta di nulla quando di casi ce n’erano già stati? E alcuni bambini erano anche morti? Io, da mamma e da paziente, continuo a chiedermelo. E non trovo risposte. Non riesco a comprendere come si possa mettere in pericolo la salute dei neonati in questo modo“.
Nel frattempo, il figlio è stato dimesso dall’ospedale il 22 maggio, ma la donna è molto preoccupata per le sue condizioni di salute. Il bambino viene sottoposto regolarmente al tampone e ancora risulta positivo al Citrobacter. La mamma si dispera perché non sa quali e quanti saranno i danni provocati dall’infezione. Sa solo che il batterio può provocare gravissimi danni permanenti, oltre alla morte, e che suo figlio piange sempre. “Lui continua a piangere, come a chiedere aiuto. Un aiuto che io non posso dargli“. Nel frattempo, l’avvocato della famiglia ha presentato una denuncia in Procura per lesioni ed epidemia colposa.
Al momento, oltre ai bambini morti e a quelli cerebrolesi, sappiamo che l’origine dell’infezione è l’acqua contaminata del rubinetto di un lavandino della Terapia intensiva dell’ospedale di Verona, nel quale una commissione esterna di esperti ha trovato annidato il batterio killer Citrobacter, che a sua volta avrebbe contaminato anche altri strumenti del reparto come i biberon.
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