Il caso del batterio killer di neonati a Verona: arrivano i primi provvedimenti. Le ultime novità.
Nella vicenda del batterio che ha ucciso quattro neonati in ospedale a Verona e provocato lesioni gravissime ad altri nove, arrivano i primi provvedimenti.
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Nei giorni scorsi, le indagini di una commissione esterna di esperti avevano accertato che il batterio Citrobacter koseri, che ha infettato il reparto di Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento a Verona, contagiando 96 neonati, era annidato nel rubinetto dell’acqua del lavandino del reparto. Il batterio era nel rompigetto del rubinetto, come hanno scritto gli esperti nella loro relazione, di conseguenza ha contaminato l’acqua che vi defluiva. Insieme all’acqua sono stati contaminati anche i biberon usati per dare il latte ai piccoli. Anche qui gli esperti hanno trovato traccia del batterio, sia sulle superfici esterne che all’interno dei biberon. Un segno inequivocabile di scarsa igiene e di utilizzo dell’acqua del rubinetto contaminata per diluire il latte. Acqua che andrebbe sterilizzata prima della somministrazione a bambini così piccoli e soprattutto in condizioni di fragilità come i neonati ricoverati in terapia intensiva, per patologie o prematurità.
La vicenda sta suscitando sconcerto e clamore, nel frattempo sono arrivati i primi provvedimenti nei confronti dei presunti responsabili.
A seguito della sconvolgente vicenda dei neonati morti e altri rimasti cerebrolesi nella Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale di Borgo Trento a Verona a causa di una infezione batterica da Citrobacter koseri, sono stati presi i primi provvedimenti disciplinari per il personale sanitario.
I provvedimenti sono stati presi dall’azienda sanitaria regionale del Veneto sulla base della relazione della commissione esterna di esperti, che attribuisce la responsabilità dell’infezione del batterio killer a chi gestiva i reparti coinvolti. In un comunicato l’azienda ospedaliera scrive: “A seguito delle risultanze della relazione della Commissione Ispettiva Regionale“, a partire da sabato 5 settembre 2020 “vengono sospesi in via cautelare secondo condizioni cautelari tre medici”, come riporta il Fatto Quotidiano. I medici sospesi sono: la dottoressa Chiara Bovo, direttore Sanitario dell’Azienda ospedaliera, Giovanna Ghirlanda, direttore medico della struttura, e il primario di Pediatria Paolo Biban.
Le responsabilità dei singoli dovranno essere accertate, nel frattempo la Procura di Verona ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo plurimo a carico di ignoti. Il Procuratore Andrea Bargaglio ha dichiarato: “Abbiamo acquisito la relazione della Commissione Ispettiva dalla Regione Veneto, con la quale siamo sempre stati in contatto”. Il magistrato ha quindi spiegato che “le conclusioni” della relazione “verranno confrontate con il materiale finora raccolto dai carabinieri del Nas, che hanno già ottenuto le cartelle cliniche dei bambini. Il nostro compito è capire se ci siano delle responsabilità penali per quanto accaduto”, ha concluso.
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Comunque, che le responsabilità siano chiare e anche piuttosto evidenti risulterebbe già dalla relazione della Commissione Ispettiva regionale, formata da esperti esterni all’ospedale coinvolto. Una relazione molto dura che attribuisce la responsabilità dell’infezione a chi gestiva i reparti di Terapia intensiva neonatale e Terapia intensiva pediatrica dell’ospedale di Borgo Trento. Nella relazione gli esperti scrivono che si è verificata “una contaminazione a partenza ambientale che ha portato ad una diffusione del patogeno, con comparsa di infezioni invasive, con una iniziale sottostima e con il riconoscimento tardivo del problema da parte dei medici della Terapia Intensiva Neonatale, con conseguente scarso coinvolgimento del Comitato infezioni ospedaliere almeno fino al 1° trimestre del 2020“.
Le responsabilità, dunque, stanno nell’aver sottovalutato il problema e, in particolare, nel non aver informato le strutture regionali sanitarie e nemmeno quelle ministeriali delle infezioni da Citrobacter.
Il batterio killer era nel rubinetto del reparto di Terapia intensiva neonatale, forse contaminato da un agente estero e ha finito con l’infettare il reparto e i biberon usati per i bambini. Una condizione molto probabilmente creata da scarso rispetto delle norme igieniche richieste negli ospedali, in particolare in reparti a rischio. L’infezione ha dato luogo a un vero e proprio focolaio epidemico, ma nonostante i numeri preoccupanti gli interventi sono stati tardivi.
Nel frattempo, a Verona dovrebbero arrivare nei prossimi giorni gli ispettori inviati dal Ministero della Salute. Ricordiamo che l’indagine è partita dalla denuncia di una mamma, dopo la morte della figlia Nina lo scorso novembre. Gli ultimi due neonati colpiti dal batterio sono deceduti a marzo 2020 e meno di un mese fa, lo scorso 16 agosto. Il primo decesso per batterio killer, invece, risale a novembre 2018. Una situazione dunque che durava da tempo.
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