Una ragazza della provincia di Napoli è stata speronata e uccisa dal fratello mentre era in moto.
Speronata e uccisa a 22 anni dal fratello che non accettava la sua relazione con un transessuale. È la tragica vicenda di Maria Paola Gaglione, una giovane di Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli.
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La giovane è morta a seguito di un inseguimento in scooter. Ecco cosa è successo.
In un primo momento era sembrato un grave incidente stradale: una ragazza, Maria Paola Gaglione, 22 anni, era finita fuori strada mentre guidava il suo scooter sulla strada provinciale Cancello-Caivano ad Acerra (Napoli). Con lei c’era il suo compagno, Ciro di 22 anni. Il scooter era andato fuori strada e finendo a terra la giovane era rimasta ferita mortalmente da un tubo per l’irrigazione dei campi. Il compagno, invece, se l’era cavata con un braccio rotto e u forte choc.
Indagando sul caso, tuttavia, i carabinieri hanno scoperto che a far cadere Maria Paola dallo scooter era stato suo fratello, Michele Antonio Gaglione, 30 anni, che l’aveva inseguita e speronata, anche lui con uno scooter. Il giovane non accettava che sua sorella avesse una relazione con un trans. Ciro, infatti, era stato una ragazza. La relazione andava avanti da due anni, ostacolata dalla famiglia di Maria Paola.
Per “darle una lezione“, Michele Antonio, la notte di venerdì 11 settembre ha inseguito con il suo scooter la sorella e il compagno, cercando di far cadere a calci il loro scooter. Un inseguimento che sarebbe durato molti minuti, come riporta il quotidiano Il Mattino di Napoli. Alla fine è riuscito nel suo intento: lo scooter della sorella ha perso aderenza ed è finito a terra. Nell’incidente Maria Paola è finita contro il tubo per l’irrigazione che le ha tagliato la gola, causandole la morte sul colpo. Ciro si è salvato, riportando una frattura a un braccio e un forte shock, ma mentre era a terra, il fratello della compagna l’avrebbe preso a calci. Il giovane è ora ricoverato in ospedale
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Portato nella caserma dei carabinieri di Acerra, Michele Antonio Gaglione ha ammesso il fatto ma sminuendo le sue responsabilità: “Ho fatto una stronz..a – ha detto – . Non volevo uccidere nessuno, ma dare una lezione a mia sorella e soprattutto a quella là che ha ‘infettato’ mia sorella che è sempre stata ‘normale’“.
Indagato in un primo momento per lesioni personali, morte come conseguenza di un altro delitto e violenza privata, ora Michele Antonio Gaglione si trova in custodia cautelare in carcere per omicidio preterintenzionale e violenza privata aggravata dall’omofobia.
Sulla vicenda intervenuto anche Don Maurizio Patriciello, parroco al Parco Verde di Caivano, che conosce la famiglia Gaglione e quella di Ciro. Il sacerdote ha detto di non aver dormito la notte dopo aver sputo della morte di Maria Paola. “Ho battezzato lei e il fratello Michele Antonio, quest’ultimo l’ho anche sposato qualche anno fa. Non credo volesse davvero uccidere la sorella, forse voleva darle una lezione, saranno le indagini a stabilirlo; di certo non era preparato culturalmente a vivere la relazione della sorella con un’altra donna”.
Don Patriciello è parroco in una zona difficile della provincia di Napoli, già tristemente nota come Terra dei Fuochi, per i roghi illegali di cumuli di rifiuti abbandonati che hanno disperso sostanze tossiche nell’aria che avrebbero causato diversi tumori nella popolazione, colpendo soprattutto i bambini. Del caso si era occupata Nadia Toffa per Le Iene. Era stato lo stesso Don Patriciello a celebrare i suoi funerali.
Parco Verde di Caivano, poi, è stato lo scenario anche di un altro terribile fatto di cronaca quello degli abusi sessuali e dell’uccisione della piccola Fortuna Loffredo, la bambina si dei anni gettata da un palazzo dal vicino di casa che aveva abusato di lei.
Infine, sulla morte di Maria Paola Gaglione è intervenuto anche Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center, che ha dichiarato. “Quanto accaduto, dimostra quanto siano duri i contesti che da tempo denunciamo con il nostro numero verde Gay Help Line 800 713 713, per questo serve una legge seria contro l’omotransfobia, che prevenga situazioni di questi tipo e che senza dubbi condanni le dichiarazioni che vedono l’omosessualità come una malattia o qualcosa di inferiore”. “Chiediamo giustizia per Paola – ha aggiunto Marrazzo -, il colpevole non è solo il fratello, ma anche gli altri familiari che la hanno maltrattata ed hanno consentito quanto accaduto senza proteggerla e senza denunciare”.
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