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Mia figlia allontanata da scuola, le colava il naso: odissea di una madre

Published by
Valentina Crea

Se mio figlio ha il raffreddore come mi devo regolare con la scuola?. La storia di una bambina allontanata e di una mamma preoccupata.

Foto da Pixabay

Il 14 settembre è iniziato ufficialmente l’anno scolastico 2020-2021, un anno molto diverso dal solito a seguito della pandemia mondiale che stiamo affrontando. La scuola nell’era covid è cambiata, è cambiato il mondo di relazionare con i docenti ed anche tra gli studenti.

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Ci sono regole bene precise da rispettare per evitare i contagi, ma ci sono anche ancora diversi punti da chiarire. I dubbi dei genitori sono ancora tanti, dubbi ai quali non sempre c’è una risposta, almeno per il momento. Tra le domande più frequenti c’è sicuramente quella di quando non si devono mandare i bambini a scuola se hanno qualche sintomo.

Raffreddore a scuola: il racconto denuncia di una mamma preoccupata

Foto da Unslash

L’inizio di questo anno scolastico non è certo facile, ne per chi deve organizzare e gestire il ritorno in classe in sicurezza, ma nemmeno per gli studenti ed i loro genitori. Chi ha dei figli che hanno iniziato o che a breve inizieranno questo anno scolastico “unico”; sa che si devono affrontare diverse problematiche. Il problema non è solo evitare che gli studenti si contagino, ma anche capire cosa fare in caso di sintomi.

Perchè, tra le indicazioni, anche il raffreddore è un sintomo e quindi se lo studente ha il naso che cola non deve andare a scuola. Questo però apre un mondo in quanto i genitori si chiedono cosa succede se sta male e poi lo voglio riportare a scuola? Devo andare dal pediatra? Mi farà il certificato? Dovrò fargli di continuo il tampone?

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La storia che vi riportiamo è stata riportata dal blog “50 sfumature di mamma“. Una vicenda che ha un problema di base comune a tutti.

Al terzo giorno di asilo, Vittoria è stata allontanata perché le colava il naso. E fu così che siamo entrati nel mirabolante mondo dell’ “‘e ora come funziona”? Il protocollo del suo asilo prevede:

  • avviso al pediatra che valuta;
  • riammissione entro i 3 giorni (se non c’è stata febbre sopra i 37’5°), firmando autocertificazione;
  • certificato del pediatra che attesti assenza malattie infettive (covid incluso) se rientra dopo i 3 giorni.
Step numero uno. Chiamo il pediatra. La pediatra è andata in pensione (come hanno fatto casualmente in tantissimi nelle ultime due settimane. E li capisco!). Così ne ho scelto uno a caso dall’elenco pediatri e la Asl me lo ha assegnato con mail. Così chiamo lui. Il pediatra biascica cose senza senso, tipo che è un errore, che lui non è un pediatra, che cioè lo è, ma solo per i bambini più grandi, che è un errore, che no, lui non si riprende il pediatra della bambina, che è un errore e ancora un errore e di darle del nurofen e ciao. Non faccio certificato, nel caso, perché non è mia paziente. Fatevi assegnare un altro pediatra. Ottimo, cominciamo bene.
Lo capisco, ma ecco… Ora sei il suo pediatra e hai dei doveri… Va beh, poi scriverò alla Asl per segnalarlo“.
Step due.
Io il pediatra l’ho avvisato. Ora mi occupo della bambina: le cola il naso, non sta un fiore, riposa.
Arriva sera e si sente molto meglio, si vede. Che sarà stato? Credo una mia negligenza: al mattino faceva freddino, non ha voluto la giacca, è uscita in maniche corte. Ma posso rimandarla così?
Leggo per bene il modulo: sì, se rientra nei 3 giorni e non ha avuto febbre sopra i 37,5°, sì.
Ok, bene, domani sta a casa, il naso cola ancora un po’, attendiamo e vediamo. Intanto mi informo per il certificato. Cerco numeri di pediatri privati, visto che quello Asl non vuole fare il suo dovere.
Step tre.
Sento la scuola. Avviso di aver chiamato il pediatra e che credo non farà niente.
Chiarisco con la scuola il conteggio dei giorni e le modalità di rientro e chiarisco che è possibile avere il certificato del quarto giorno, se servisse, da qualunque medico. Ok, allora comincio a cercarne uno, grazie.
Ci dispiace, ma non possiamo fare diversamente. Dispiace anche a me, ma capisco. Capisco.
Step quattro:
Cerco un pediatra per il caso di certificato, perché alla bambina, che non ha altro, comunque cola il naso. Ho un elenco. Chiamo.
No guardi, io non ricevo, sono piena.
No guardi, io seguo solo i miei pazienti.
No guardi, io i bambini piccoli no.
No guardi, io certificati non ne faccio.
No guardi, io non ho modo di occuparmene.
Capisco che è un casino.
Capisco che ci sia la possibilità che io non ne trovi.
Chi ha avuto il tempo di spiegarmi mi ha detto chiaramente che comunque, no tampone, no party, no certificato.
Grazie dottore, la capisco.
E capisco che o la bambina sta bene, o chiameremo la guardia medica o la porteremo in PS per un naso che cola ma almeno avremo una direttiva o un tampone o andrò alla Asl o vedremo.
Step cinque
Valutazione della possibilità di rientro della bambina Non ha niente ancora, il naso non cola quasi più.
Dormiamoci su,se domattina starà ancora meglio, la porteremo all’asilo.
Step sei
Al risveglio del terzo giorno direi che andiamo bene.
Compilo i moduli per il rientro, litigo con la bambina perché ancora non vuole coprirsi, la ricatto biecamente: ti faccio vedere un pezzettino di video mentre andiamo all’asilo se ti infili la giacca.
Ok, andata.
Una vecchietta ritiene di farmi sapere che non devo fare così, i bambini non devono camminare con il telefono.
Le spiego che è un momento particolare (e non deve rompere i maroni).
Lei continua dicendomi che i bambini ricattano e che ai suoi tempi…
Le dico una cosa sola “sono IO che ho ricattato la bambina, non lei che ha ricattato me, stia serena, faccio più schifo di quanto creda come madre e ora vado perché perdo la bolla di entrata e poi sono nella merda”.
La lascio lì, perplessa e inebetita. Con quella cazzo di mascherina cadente col naso fuori.
Step sette
Bambina ammessa. Ma se non lo fosse stata? Se stamattina non fosse stata in condizioni di tornare? Non voglio pensarci. Io capisco tutti, davvero, lo dico col cuore. Ma non capisco chi ha dei doveri e se ne sbatte.
Tutti abbiamo firmato protocolli, accordi patti, tutti, medici, genitori, insegnanti, personale scolastico.
Abbiamo faticosamente creato un sistema che ci dovrebbe consentire di ‘vivere’ fino a vaccino o immunità di gregge o a estinzione del genere umano.
Perché sottrarsi? Perché lasciare le famiglie sole a se stesse? Perché un pediatra può anche solo pensare di poter dire: no, io non me ne occupo? Che disponga il tampone, che visiti, che segnali, che assolva, che faccia quel che vuole, ma che faccia. Perché se le premesse sono queste ed è settembre, non arriviamo ad ottobre.
E io capisco tutti, ma qualcuno deve capire anche le famiglie“.

Voi unimamme cosa ne pensate? Avete anche voi questi dubbi? Avete avuto indicazioni dalle scuole o dai vostri pediatri?

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Valentina Crea

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