Di adozioni fallite nel nostro Paese se ne parla davvero poco, ma è un fenomeno considerevole e sempre più diffuso purtroppo.
La decisione di adottare un bambino è particolarmente delicata e molte coppie ci arrivano dopo vari anni in cui hanno tentato altri modi per diventare genitori.
Inoltre, come si è visto in un articolo precedente, il processo di adozione nel nostro Paese è abbastanza lungo e costoso, cosa che porta molte coppie a rinunciarvi dopo diversi anni di tentativi falliti.
Se si vuole procedere su questa strada, bisogna essere decisi di voler aprire la propria casa e il proprio cuore a un minore che, nella maggior parte dei casi, ha un vissuto parecchio pesante alle sue spalle.
Proprio per questo motivo, quando si intraprende questo percorso ad essere coinvolto non è solo la coppia in generale, ma soprattutto il bambino che, essendo passato da una famiglia ad un’altra, ha bisogno di tranquillità e di fidarsi della nuova famiglia che sta per accoglierlo in casa.
Perciò in un articolo precedente abbiamo parlato di cosa si prova quando ci si sente pronti ad adottare un bambino che per una coppia, ma anche per le singole mamme o i singoli papà, è un passaggio davvero importante.
Adozioni fallite: un dramma frequente di cui si parla poco
Purtroppo però non tutte le adozioni vanno a buon fine. Accade sempre più di frequente che molte famiglie dopo aver accolto in casa un minore e preso in adozione decida di rimandarlo nella casa famiglia di provenienza.
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Ma perché succede?
Le motivazioni sono le più diverse, ma spesso hanno a che fare con il passato tormentato dei bambini di cui al momento dell’adozione si conosce molto poco.
Alcuni di questi sono talmente piccoli che non sono in grado di raccontare cosa hanno vissuto prima di approdare nella nuova famiglia, nella maggior parte delle volte si tratta di traumi rimossi che a causa di un evento o di in fatto, ritornano nella mente del piccolo con tutta la loro forza.
A questo punto i genitori adottivi si trovano costretti a combattere contro un male che nemmeno loro conoscono, ma che per il benessere della famiglia e soprattutto del minore è necessario esplorare.
Ma non tutti ce la fanno. In questi casi le reazioni dei minori sono talmente imprevedibili che molte famiglie non riescono a sostenere una tale sofferenza, pur sapendo che il bambino ha bisogno del loro aiuto.
Per questo motivo è necessario essere sicuri di procedere con il percorso dell’adozione, perché molto spesso i minori che si accolgono hanno vissuto traumi indicibili e passati pieni di violenza che per autotutela cercano di rimuovere.
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Dunque è necessario fare i conti con queste terribili storie che da un momento all’altro possono ripresentarsi alla porta all’improvviso e ciò accade soprattutto perché l’età dei bambini dati in adozione è sempre più alta.
In base a delle ricerche fatte di recente da Anna Maria Colella, presidente dell’Arai, rese note in un’intervista a La Stampa, i cosiddetti fallimenti adottivi al momento sono al 3%. Ecco cosa ha dichiarato: “Il che significa che il 97% delle adozioni va a buon fine, ma anche che dal 2005 ci sarebbero stati oltre 1.500 bambini riconsegnati allo Stato”.
Insomma un dramma in cui in realtà ci perdono tutti: famiglie adottive, minori e Stato. Il motivo? Perché molti di questi genitori dopo il lungo percorso dell’adozione si ritrovano ad affrontare da soli il dopo, cioè quando il bambino arriva a casa e tutto quello che ne consegue.
Ci perdono i minori che ancora una volta sono costretti a vivere un abbandono e un fallimento, cosa che può minare la loro psiche, venendo meno all’obiettivo delle adozioni che è quello di mettere al centro il bambino per trovargli una casa sicura e serena.
Infine ci perde lo Stato incapace di tutelare genitori e bambini, fallendo l’opportunità di aiutare i suoi cittadini.
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E voi unimamme eravate a conoscenza delle adozioni fallite?
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