Obbligo di certificato per ritorno a scuola, una nuova critica arriva dai pediatri. Cosa bisogna sapere.
Si torna a discutere di certificato medico obbligatorio per il rientro a scuola in caso di malattia. Richiesto per escludere l’infezione da Covid-19 nell’alunno che torna in classe. Il certificato dovrebbe essere rilasciato dal pediatra di famiglia e sono proprio i pediatri a esprimere dure critiche nei confronti di questo strumento dopo le perplessità già sollevate nei giorni scorsi. Il rischio, infatti, è scaricare sui pediatri troppe responsabilità riguardanti la contagiosità o no di un alunno, oltre che richiedere un adempimento ritenuto inutile.
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La questione complica il già difficile rientro dei bambini e ragazzi a scuola, mandando in confusione le famiglie. Ecco cosa hanno detto i pediatri in proposito.
Obbligo di certificato per il rientro a scuola, le nuove critiche dei pediatri
La riapertura delle scuole in quasi tutta Italia, lo scorso 14 settembre, continua a sollevare non pochi problemi pratici relativi alla gestione degli eventuali contagi da Coronavirus e soprattutto quelli che si manifestano in caso di altra malattia: quando e come lasciare il bambino a casa e come gestire il suo rientro. Il pediatra Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), è intervenuto nuovamente sulla delicata questione del certificato obbligatorio per il rientro a scuola del bambino assente perché malato. Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp). “La richiesta di reintroduzione dell’obbligo del certificato medico per il rientro a scuola è priva di fondamento scientifico – ha detto – e contraddice le raccomandazioni sin qui promosse per contenere l’epidemia. Il mondo della scuola dovrebbe volere insieme a noi le misure che consentano a bambini e ragazzi di frequentare le lezioni in sicurezza”, ha ribadito il presidente Fimp.
Invece, ha proseguito, “la reintroduzione del certificato, che si basa solo sulla valutazione delle condizioni cliniche, offrirebbe invece una falsa sicurezza sulle condizioni di contagiosità degli alunni. Restiamo alle norme dell’ultimo Dpcm e seguiamo il percorso assistenziale indicato che prevede l’esecuzione del tampone naso-faringeo in tutte le principali e più frequenti condizioni che causano l’assenza dalle comunità scolastiche. Piuttosto cerchiamo di migliorarne la gestione degli aspetti organizzativi, per la quale durante gli ultimi mesi si è fatto ben poco”. Così, Adnkronos riporta le parole di Biasci.
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La critica del pediatra è rivolta verso l’uso dei certificato medico in sé, che non può ovviamente sostituire il tampone. Perché è solo con il tampone che si può confermare o escludere un’infezione da Covid-19.
Biasci ricorda che è stato “collaudato sistema di triage telefonico, eventualmente associato al videoconsulto, che ci permette di individuare tutti i casi sospetti di infezione da Covid-19. Per una frequenza scolastica in sicurezza – ha aggiunto – abbiamo la necessità del referto di un tampone in tempi più rapidi possibili, per poter redigere un attestato che permetterà il rientro a scuola. Vogliamo tornare ad affollare gli studi dei pediatri di famiglia con accessi non necessari per un adempimento burocratico cancellato tempo fa (certificato medico obbligatorio, ndr), proprio perché privo di valore scientifico e che non permette di escludere la contagiosità? Come possiamo infatti certificare con certezza la non contagiosità di un paziente senza prima aver effettuato l’unico test ad oggi validato per risolvere la diagnosi?”. Il tampone naso-faringeo.
Biasci consiglia invece di concentrare l’attenzione sugli “aspetti organizzativi della gestione dell’epidemia. Noi stiamo facendo la nostra parte, ma non è possibile dover attendere 4-5 giorni ed anche più l’esito del tampone naso-faringeo per il Covid-19 quando, se lo stesso paziente va in Pronto Soccorso, la risposta arriva in 4 ore. Cerchiamo di ridurre la disparità tra tempi dell’ospedale e del territorio. I primi a beneficiarne saranno i bambini e le loro famiglie”.
La proposta, dunque, è quella di accelerare i tempi del tampone piuttosto che prevedere il certificato medico obbligatorio che esclude il Covid-19 (senza tampone) nei bambini rimasti a casa per malattia per altre ragioni.
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