Una donna ha denunciato che il feto che ha abortito è stato sepolto sua insaputa in un cimitero.
Unimamme, la storia che vi raccontiamo oggi riguarda il tema dell’ aborto e il diritto alla privacy.
Una donna romana ha denunciato un caso di violazione della privacy che riguarda la sepoltura a sua insaputa di un feto da lei abortito.
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Marta Loi è una giovane donna che ha raccontato su Facebook di aver abortito, alcuni mesi fa, in un centro specializzato di Roma, il San Camillo. Subito dopo le era stato chiesto se volesse effettuare la sepoltura del feto. “Risposi che non volevo procedere, per motivi miei, personali che non ero e non sono tenuta a precisare a nessuno. Avevo la mente confusa, non ho avuto la lucidità sufficiente per chiedere cosa succedesse al feto”.
Mesi dopo la donna, presa da un dubbio, ha deciso di accertarsi di cosa fosse avvenuto e così ha chiamato la camera mortuaria scoprendo che il feto era stato conservato e che sarebbe stato sepolto presso il Cimitero Flaminio con una croce col nome della mamma sopra.
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Così la donna ha fatto una breve verifica online scoprendo che il suo caso si inserisce all’interno di un progetto dei giardini degli angeli, risalenti al 2012.
“In assenza di un Regolamento regionale, questo tipo di sepoltura è disciplinata dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 7 del D.P.R. 285/90 (Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria) che, in sintesi prevede che: i “prodotti del concepimento” dalla 20^ alla 28^ settimana oppure i “feti” oltre la 28^ settimana, vengono sepolti su richiesta dei familiari o, comunque, su disposizione della ASL” il riferimento al regolamento della polizia mortuaria del 1990 si richiama a sua volta al regio decreto del luglio del 1939. In questo stesso decreto, però, è specificato che i parenti o chi per loro entro 24 dall’espulsione del feto devono presentare domanda di seppellimento all’unità sanitaria locale, con un certificato medico che indichi la data presunta di gestazione del feto. Se però i genitori si disinteressano del risultato dell’aborto viene svolta la sepoltura per “prassi”.
E veniamo al caso verificatosi al Cimitero Flaminio di Roma, il San Camillo, nosocomio laico, regionale e legato ad Asl Roma 3 dichiara che le attività di gestione e seppellimento del feto sono di competenza dell’Ama. A sua volta quest’ultima ribadisce che la sepoltura è avvenuta per imput dell’ospedale e che l’epigrafe deve recare delle indicazioni per chi cercasse la sepoltura.
Così accade che tante donne che firmano il modulo all’ospedale per lo smaltimento del feto secondo le norme vigenti poi si trovano una croce con il loro nome e cognome in un cimitero.
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“Questa è l’ennesima criminalizzazione delle donne che decidono di abortire o, come in questo caso, sono costrette per motivi di salute: o trovi i soldi per occuparti del feto, oppure devi sottoporti a una violazione della privacy e all’apposizione di un simbolo religioso mono-confessionale” spiega su Il Fatto Quotidiano Adele Orioli, legale dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar), chiamata in causa dalla Loi.
Ora su questa vicenda è intervenuto il Garante della Privacy che ha deciso di aprire un’istruttoria, mentre un gruppo di parlamentari ha deciso di presentare un’interrogazione parlamentare. Dopo Marta Loi ci sono altre donne che si sono rivolte agli Uffici dell’Ama per sapere se hanno subito una storia simile.
Unimamme, voi cosa ne pensate di quanto avvenuto? Noi vi lasciamo con la vicenda del medico abortista che aveva più di 200 feti in casa.
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