Equal Pay Day: scatta il giorno in cui le donne lavorano gratis rispetto allo stipendio degli uomini.
Sappiamo che le donne sul lavoro guadagnano meno degli uomini a parità di mansioni e responsabilità a causa di discriminazioni dure a morire. È un problema comune a quasi tutti i Paesi del mondo, salvo qualche rarissima eccezione, ed è noto come “gender pary gap” o semplicemente “gender gap“, divario di genere nello stipendio.
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Nella media dei Paesi europei le donne guadagnano il 16,2% in meno degli uomini (dati Commissione Europea 2019 sulla retribuzione oraria lorda). Questo dato si può quantificare con quasi 2 mesi di stipendio perso per le donne, lavoro di fatto non retribuito se paragonato a quello degli uomini. Si tratta infatti di 39 giorni di lavoro gratuito che simbolicamente vengono fatti decorrere dal 4 novembre e si concludono con la fine dell’anno. Il 4 novembre è l’Equal Pay Day, giornata di sensibilizzazione sul gender gap e la disparità salariale tra uomini e donne.
Quali sono gli interventi e i provvedimenti di legge per risolvere questo problema? Ve lo diciamo qui sotto.
In Europa il 4 novembre ricorre l’Equal Pay Day, giornata di sensibilizzazione sulla disparità di stipendio tra uomini e donne, a svantaggio di queste ultime, e per la promozione della parità salariale.
Diversi Paesi europei hanno cominciato ad adottare misure di contrasto a questa forma di discriminazione, per attuare una vera parità. Discriminazione che tra l’altro danneggia le donne con figli e le mamme in carriera, di cui ci siamo più volte occupati.
Se il 4 novembre è la giornata per l’Equal Pay Day, la buona notizia è che proprio oggi in Italia la Commissione lavoro alla Camera dei Deputati approvato all’unanimità il testo base sulla parità salariale, proposto dalla relatrice Chiara Gribaudo del Pd. La deputata ha espresso “grande soddisfazione” per l’approvazione del testo base della nuova legge per le pari opportunità sul luogo di lavoro. Il risultato di una collaborazione tra le diverse parti politiche.
Si tratta di un passo molto importante per le donne italiane. Se, come abbiamo detto sopra il gender pay gap tra donne e uomini è del 16,2% nella media europea, sulla retribuzione oraria lorda, il divario italiano è del 5,3%. Meno della media europea, ma comunque significativo.
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Tenendo conto, invece, dei dati di Eurostat sulla retribuzione mensile lorda (sempre riferita al 2019), il divario tra uomini e donne è del 29,6% nella media europea e del 23,7% in quella italiana.
Secondo il World Economic Forum l‘Italia è al 125esimo posto su 153 Paesi per parità salariale. Non una posizione invidiabile. Un divario che va colmato.
Inoltre da noi c’è il grave problema della scarsa occupazione femminile. “In Italia secondo l’Istat, su 100 posti di lavoro persi, quelli femminili rappresentano il 55,9%, lavorano il 54,5% delle madri tra 25 e 64 anni, mentre i padri sono l’83,5%. Un divario enorme, che riguarda anche i redditi“, spiega Cecilia D’Elia, portavoce della Conferenza delle Democratiche.
“Secondo il rapporto dell’Inps sul costo della maternità per una donna, gli effetti della nascita di un figlio sono permanenti, e non si riassorbono nel lungo periodo. L’incremento dei salari arriva a dimezzarsi rispetto alle donne senza figli“, aggiunge D’Elia.
Infine, riguardo al settore privato, il gender pay gap in Italia è del 20,7%. Una situazione che pone l‘Italia al 18° posto su 24 Paesi Ue. Sono i dati Eurostat citati da Prime Donne, scuola di politica al femminile di +Europa, che proprio il 4 novembre ha lanciato la campagna #StessaPaga, per chiedere parità di retribuzione tra uomini e donne.
Sempre nel settore privato, poi, il divario retributivo è maggiore tra operai e operaie (11%), rispetto ai dirigenti (9%).
Non solo, la discriminazione salariale è addirittura più ampia nelle aree di impiego con maggiore occupazione femminile, come i servizi alla persona, le industrie tessili, l’abbigliamento, l’arte e la moda. Nonostante in questi settori lavorino più donne, gli uomini sono pagati di più.
Nel privato, comunque, le aree di impiego in cui la differenza salariale, in termini assoluti, è maggiore tra uomini e donne sono la finanza, il commercio e i servizi. Ovvero i settori più ricchi.
Con la parità salariale, il Pil italiano crescerebbe di mezzo punto all’anno, secondo le stime della Banca d’Italia. Sarebbe dunque un vantaggio non solo per le donne ma per l’economia italiana in generale.
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