Molti genitori sono convinti che lasciare piangere il neonato possa essere educativo per quest’ultimo, ma si è scoperto che non è così.
Tanti sono gli studi che sottolineano quanto sia importante responsabilizzare il neonato fin dai primi giorni di vita, lasciandolo piangere quando ce n’è bisogno.
Una delle teorie più note a riguardo è del Dottor Richard Ferber – neurologo e pediatra dell’Università di Harvard e presso l’ospedale di Boston – il quale sostiene di lasciar piangere il bambino per periodi di tempo sempre più lunghi fino al momento in cui il piccolo non si arrende.
Come si è visto in un articolo precedente, il pianto del neonato di solito è scatenato da una serie di motivazioni che possono essere bisogno di contatto fisico, l’avere fame, essere stressato o addirittura annoiato.
Il bambino non essendo ancora in grado di parlare, l’unico mezzo che ha per comunicare con gli adulti è proprio questo di piangere.
In ogni caso, nonostante le varie teorie, è necessario chiarire un aspetto: il fatto che non è chiaro cosa accada al bambino che viene lasciato piangere in una situazione come questa.
Tuttavia però si è riscontrato che il livello di stress diventa molto alto, cosa che non è sostenibile da parte di un bambino appena nato.
Perciò le conseguenze psicofisiche potrebbero essere moltissime e manifestarsi anche dopo i primi mesi di vita.
Insomma ignorare il pianto di un neonato è dannoso non solo per il piccolo, ma anche per tutta la famiglia.
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Come si è scritto sopra urlando e piangendo il bambino cerca di comunicare con l’esterno una sua problematica e ignorarlo significa non ascoltare una precisa richiesta d’aiuto, attivando in lui la sensazione di non poter contare su nessuno.
Continuando a piangere il piccolo non potrà che sentirsi impotente, traendo quindi la conclusione di doversela cavare da solo e questo potrebbe comportare anche il futuro legame tra genitori e figlio.
Inoltre poi, in un momento come questo, il livello di stress del piccolo è davvero notevole e ciò potrebbe avere delle ripercussioni sul sistema nervoso centrale. Perciò le conseguenze potrebbero essere molteplici e influenzare anche la crescita del piccolo.
Da questa mancanza di ascolto e di affetto potrebbero derivare una serie di difficoltà come problemi affettivi, ansia e anche sintomi depressivi.
Di conseguenza anche i genitori vengono messi a dura prova da questo metodo perché non intervenire di fronte a un pianto infinito e lunghissimo può essere davvero difficile e ci vuole tanto autocontrollo.
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Dunque il livello di stress colpisce anche mamma e papà, cosa che potrebbe creare dei circoli viziosi in famiglia assolutamente non produttivi. Infatti se i genitori sono calmi riusciranno a trasmettere serenità e pace anche al bambino.
Ma c’è un aspetto da tenere in grande considerazione ed è il fatto che se naturalmente i genitori sono propensi ad andare a consolare il piccolo, evidentemente è un istinto primordiale a cui è impossibile poter sottostare.
Insomma le coccole e il contatto fisico sono fondamnetali per tutti i bambini, figuariamo quando sono neonati.
Ecco cosa ha dichiarato la Dottoressa Fabienne Becker-Stoll, direttrice dell’Istituto di Pedagogia infantile della Baviera, in un’intervista a SZ, noto quotidiano tedesco: “I bambini hanno bisogno di calore fisico su cui poter contare, al fine di soddisfare i loro bisogni psicologici elementari e di far diminuire lo stress. È solo in questo modo che possono costruire un legame saldo con i genitori e poi con le persone intorno a loro”.
Dunque il contatto fisico e il mostrare amore ai propri piccoli è davvero fondamentale, il consiglio è di lasciar perdere quegli studi che sostengono il contrario.
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E voi unimamme come vi siete comportate davanti ai pianti isterici e infiniti dei vostri piccoli?
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