Una studentessa abruzzese con la sindrome di Down ottiene sostegno in un momento difficile.
Unimamme, ormai moltissimi alunni italiani sono a casa svolgendo lezioni con la didattica a distanza, mettendo per un momento le polemiche, più o meno legittime al riguardo, oggi vi raccontiamo la storia di una studentessa con la Sindrome di Down.
Durante la prima chiusura molti genitori con figli con disabilità avevano fatto sentire la loro voce sentendosi giustamente trascurati per quanto riguardava la didattica e l’assistenza a bambini e ragazzi con esigenze particolari.
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A raccontare la vicenda di oggi è la mamma della studentessa in questione. Claudia Frezza è una donna di 50 anni che segue con attenzione la figlia quindicenne con Sindrome di Down e che ha trascorso molto tempo a battersi per lei, per una reale inclusione. L’anno scorso, nel 2019 Anna, sua figlia, aveva finalmente avuto un’insegnante di sostegno dopo una battaglia con il Tar.
Con l’arrivo della pandemia si è dovuta adeguare alle lezioni a distanza, per lei però è stato molto difficile. La mamma ha detto che piangeva davanti allo schermo e non riusciva più a dormire. A settembre però c’è stata una svolta.
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Era arrivato una brava insegnante di sostegno e tutto sembrava avviarsi al meglio, poi è giunta una nuova doccia fredda: la dad per tutti gli studenti. Anna frequenta un liceo linguistico e per lei si stava per aprire una nuova voragine di solitudine, frustrazione e ingiustizia. Il dpcm del 3 novembre però aveva qualcosa a cui appigliarsi e così pure la nota emanata due giorni dopo.
L’articolo 1 del decreto infatti diceva così: “Resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’istruzione n. 89 del 7 agosto 2020, e dall’ordinanza del Ministro dell’istruzione n. 134 del 9 ottobre 2020, garantendo comunque il collegamento on line con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata”.
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A sua volta, il capo del dipartimento Marco Bruschi, con una circolare ha aggiunto che il dpcm, richiamando la fondamentale garanzia di frequenza, segnava la necessità che tali attività in presenza realizzassero una vera inclusione scolastica.
E ancora, era quindi compito dei dirigenti scolastici, insieme ai docenti delle classi interessate e quelle di sostegno, in accordo con le famiglie, favorire la frequenza degli studenti con disabilità, includendo anche, quando possibile, in gruppo di allievi della classe di riferimento.
Questo infatti è quanto accade in questa scuola superiore dove Anna può frequentare le lezioni in presenza insieme a 5 compagni di classe che hanno dimostrato, col loro gesto, che è possibile. Questi alunni, a turno, faranno lezione con lei. La mamma di Anna non potrebbe quindi essere più soddisfatta. “Voglio far capire ai dirigenti scolastici che l’inclusione non la devono ostacolare. Loro per primi, i presidi, devono applicare le normative sempre: vogliamo parlare di quegli insegnanti di sostegno che portano fuori i ragazzi dalla classe? O di chi pensa ancora che il “sostegno” serva solo al disabile? Nella mia vita ho trovato solo due presidi aperti all’inclusione. Vorrei tanto parlare con la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina per spiegare anche a lei quello che noi genitori dobbiamo fare per avere assicurati i diritti dei nostri figli”.
Unimamme, noi speriamo che questa storia che si svolge al liceo linguistico Saffo di Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, possa verificarsi anche in altri istituti. Cosa ne pensate di quanto raccontato su Il Fatto quotidiano?
Vi lasciamo con il sì alle mascherine di comunità a scuola.
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