La natalità nel 2021 sarà legata al Covid. A dirlo è il Presidente dell’Istat che riferisce dei dati in calo rispetto ai precedenti anni.
La pandemia che ormai da Febbraio stiamo vivendo sta influendo negativamente su vari aspetti, dalla sanità, in primo luogo, all’economia. Senza dimenticare gli effetti che hanno avuto anche sulla stabilità emotiva non solo degli adulti, ma anche dei bambini. Avete letto i consigli di un’esperta per aiutare i bambini ad affrontare al meglio la seconda ondata?.
Adesso, il Presidente dell’Istat ha sottolineato come l’attuale crisi sanitaria ed economica legata alla pandemia potrebbe influire negativamente, oltre che sul numero decessi, anche sulla natalità, come riportato dall’Ansa.
A seguito della pandemia data dal Covid sembrerebbe che le nascite siano diminuite. L’Istat prevede che per quest’anno e per il prossimo un calo delle nascite che abbasserà ulteriormente il record negativo di natalità registrato l’anno scorso. Il Presidente Gian Carlo Blangiardo ha dichiarato durante un’audizione sulla manovra davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato: “È, infatti, legittimo ipotizzare che il clima di paura e incertezza e le crescenti difficoltà di natura materiale (legate a occupazione e reddito) generate dai recenti avvenimenti orienteranno negativamente le scelte di fecondità delle coppie italiane“.
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Per poi continuare: “I 420 mila nati registrati in Italia nel 2019, che già rappresentano un minimo mai raggiunto in oltre 150 anni di unità nazionale, potrebbero scendere, secondo uno scenario Istat aggiornato sulla base delle tendenze più recenti, a circa 408 mila nel bilancio finale del corrente anno, recependo a dicembre un verosimile calo dei concepimenti nel mese di marzo, per poi ridursi ulteriormente a 393 mila nel 2021“.
Per poi aggiungere: “L’assegno unico, se accompagnato da altri interventi, può dare una mano ad attenuare la caduta dei nuovi nati. Non è la soluzione che risolve il problema se abbandonato a se stesso, ma insieme ad altri interventi può dare una mano“.
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Le persone che hanno subito maggiori effetti negativi legati alla pandemia sono le donne che sono impiegate nel settore dei servizi e nei lavori precari: “Nel secondo trimestre del 2020 si contano 470 mila occupate in meno rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (323 mila in meno tra quelle con contratto a tempo determinato) e il tasso di occupazione femminile 15-64 anni si attesta al 48,4%, contro il 66,6% di quello maschile, collocandoci al penultimo posto della graduatoria europea, appena sopra la Grecia“.
I dati sull’occupazione femminile in Italia “permangono preoccupanti nonostante il livello di istruzione femminile sia sensibilmente maggiore di quello maschile”, ha concluso.
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