In un’intervista per FanPage, parla Lidia, una madre vittima di violenza domestica che ha deciso di denunciare il marito per amore della figlia: la bambina assisteva quotidianamente alle violenze.
Nella Giornata internazionale per l’elminazione della violenza contro le donne che ricorre, ogni anno, il 25 Novembre, una madre di nome Lidia ha deciso di raccontare il suo percorso. Lidia è stata per anni vittima di violenze fisiche e psicologiche perpetrate dal marito.
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La donna ha subito in silenzio le violenze domestiche quasi quotidianamente: tali violenze sono cominciate a diventare fisiche e sempre più frequenti dopo la nascita della prima figlia che, fin da piccolissima ha assistito quasi quotidianamente.
Oggi Lidia ha detto basta e ha deciso di intraprendere un percorso di aiuto e di supporto: ecco il suo racconto.
Lidia è una madre e una donna coraggiosa: dopo anni di violenze fisiche e psicologiche subite quasi quotidianamente dal marito ha deciso di denunciare. “Ho denunciato per amore di mia figlia che quasi quotidianamente assisteva a queste scene di violenza“: Lidia ha raccontato la sua storia e il suo percorso in un’intervista per il sito FanPage.
Stanca di subire violenze, nel pieno del primo lockdown, la donna ha scritto ad una sua amica su Facebook, mostrandole i segni delle violenze e i lividi sul suo corpo. Quasi immediatamente, la donna è stata messa in contatto con Rete Reama, uno sportello anti-violenza a cui ha cominicato a scrivere delle e-mail fino ad arrivare all’ammissione: “Sono vittima di violenza“.
Il racconto di Lidia è difficile ma comune a quello di migliaia di donne che quotidianamente subiscono violenza all’interno delle mura domestiche.
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“La violenza è cominciata dall’amore“, ha raccontato Lidia, “lui ha cominiciato a piccoli passi“. La donna ha raccontato delle prime violenze psicologiche che si sono poi tramutate in violenza fisica e percosse poco dopo la nascita della loro primogenita.
I bambini che assistono quotidianamente alle violenze perpetrate sulle madri, secondo uno studio della Facoltà di Biologia, Medicina e Scienze della Salute di Manchester, avranno problemi nel loro sviluppo e tenderanno ad avere un quoziente intellettivo più basso.
La rete di aiuto è stato un caldo barlume di speranza per la donna che attualmente vive con la figlia nella casa di famiglia con la figlia e, nel suo percorso, è aiutata dagli assistenti sociali. “Lui non può più avvicinarsi, ma la piccola può comunque vedere suo padre tre volte a settimana“. L’allontanamento, inoltre, ha dato nuova sicurezza anche alla bambina che risulta più serena da quando non assiste più alle quotidiane violenze.
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Secondo la Cassazione, infatti, il minore che subisce “violenza assistita” è considerato una vittima al pari della madre.
La storia di Lidia è un esempio del sistema di aiuto a favore delle donne che subiscono violenze nelle mura domestiche. Molto spesso, infatti, è proprio la presenza di figli piccoli che distoglie le donne dalla necessità di denunciare e di salvarsi: “Abbiamo paura che ci vengano sottratti i figli“, ha ribadito infatti Lidia.
“Racconto la mia storia perchè a molte donne serve una speranza, una spinta che le aiuti a tirarsi fuori da certe situazioni tossiche, a salvarsi. Spero di avergliela fornita.“, ha concluso.
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