Un’inchiesta agghiacciante racconta storie assurde di bambini sul sito Pornhub: le denunce raccolte da un giornalista due volte Premio Pulitzer.
Miliardi di dollari guadagnati su abusi, violenze e stupri, non solo di donne ma anche di bambine e bambini. Questo sarebbe il modo di Pornhub, la piattaforma web dove chiunque può caricare video e foto porno, senza filtro, anche di persone filmate di nascosto, a loro insaputa, in intimità o mentre sono nel camerino di un negozio a provare un vestito o negli spogliatoi di una palestra.
La facilità con cui oggi è possibile girare un filmato ad alta definizione, in qualunque posto e con un semplice telefono cellulare, ha scatenato voyeur, maniaci, mitomani e molestatori di ogni tipo. Ma non ci sono solo le immagini catturate di nascosto o di coppie in vena di esibizionismi che mostrano le loro acrobazie sessuali sul web. Siti come Pornhub contengono un’infinità di immagini violente, di abusi, stupri, vere e proprie torture. Vittime di queste atrocità non sono solo le donne, ma anche ragazzine e ragazzini adolescenti e perfino bambini.
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La possibilità data a chiunque di caricare sulla piattaforma porno qualunque video di qualunque persona, anche senza il suo consenso, senza filtri né una vera moderazione, ha permesso la condivisione di video agghiaccianti, contenenti violenze inenarrabili, senza che nessuno venga ritenuto responsabile né perseguito penalmente. Non vengono perseguiti coloro che caricano i video o le foto di abusi sulla piattaforme né i proprietari di Pornhub che su queste immagini sono diventati multimiliardari.
A svelare il meccanismo perverso e la violenza di fatto promossa da Pornhub è stata un‘inchiesta shock pubblicata sul New York Times.
Si intitola “The Children of Pornhub“, “I bambini di Pornhub“, l’inchiesta del New York Times firmata Nicholas Kristof, giornalista vincitore di due premi Pulitzer. La discesa in un mondo degli orrori, con immagini scioccanti di abusi e violenze di ogni genere caricate su siti web come Pornhub e simili, per intrattenere il pubblico degli spettatori, mentre i proprietari intascano miliardi di dollari dal traffico generato sul portale. Tutto avviene al di fuori di ogni controllo o comunque con controlli inadeguati.
Pornhub è il colosso mondiale dei siti web pornografici, fondato da Matt Keezer nel 2007, è di proprietà della società canadese MindGeek, che ha sede in Lussemburgo, per i benefici fiscali, e possiede anche i siti web YouPorn, Tube8, Xtube, SexTube, RedTube.
Il portale di Pornhub, scrive il New York Times, attira 3,5 miliardi di visite al mese, più di Netflix, Yahoo e Amazon. Il sito web ricava i suoi introiti da quasi tre miliardi di impressions pubblicitarie al giorno. Secondo la classifica di SimilarWeb, Pornhub è il decimo sito web più visitato al mondo.
Nonostante le iniziative benefiche finanziate, come le donazioni a favore di associazioni per l’uguaglianza razziale o per combattere l’inquinamento della plastica negli oceani, sul portale di Pornhub si trovano una infinità di video di stupri, violenze e torture. Dal cosiddetto “revenge porn“, ai video delle spy camera installate in spogliatoi, bagni pubblici o camerini, ai video razzisti o misogini, fino ad arrivare agli stupri di bambini, questo è il genere di contenuti che si trovano su Pornhub.
Non semplicemente scene di sesso con attori porno professionisti o dilettanti, coppie o gruppi di persone che postano le loro imprese. Il mondo del porno online si spinge molto oltre. Poiché immagini di sesso più o meno esplicite si trovano ovunque, invece su portali come Pornhub molti utenti cercano la violenza, l’umiliazione, l’abuso, la degradazione umana.
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Il giornalista del New York Times autore dell’inchiesta spiega molto bene che è sufficiente inserire nel motore di ricerca di Pornhub parole come “girls under 18“, ragazze sotto i 18 anni, o “14yo“, riferito ai minori di 14 anni, per trovare oltre 100mila video pornografici che hanno per protagonisti minorenni, ragazzine e ragazzini, bambine e bambini. Tutti vittime di violenze sessuali o indotti ad atteggiamenti spinti dietro manipolazioni psicologiche o ricatti. Non tutti sono bambini violentati (esistono anche chiavi di ricerca fasulle), ma molti lo sono.
Negli Stati Uniti si sono verificati casi di adolescenti scomparse o violentate, i cui video che ne riprendevano gli abusi sono finiti su Pornhub, senza che l’azienda che gestisce il sito intervenisse. In un caso è stato il compagno di classe di una adolescente abusata a segnalare il video alla polizia. Mentre Pornhub continuava a guadagnarci sopra.
Se dei 6,8 milioni di video che vengono caricati ogni anno su Pornhub per la maggior parte ritraggono adulti consenzienti in atti sessuali, tuttavia tanti, troppi, riguardano atti di violenza non consensuale o abusi sui bambini.
Poiché non viene esercitato un adeguato controllo sui contenuti pubblicati, per la mancanza di un numero sufficiente di moderatori e a causa di filtri facilmente aggirabili, di fatto su Pornhub finisce qualunque tipo di contenuto.
Le persone abusate riescono a far rimuovere da Pornhub i video che le ritraggono solo dopo un lungo iter di richieste e diffide da parte degli avvocati. Ma non è sufficiente, perché chiunque può scaricare quei video dal portale e poi ripubblicarli nuovamente su Pornhub o su un altro sito web. In un loop continuo, tra cancellazioni e download.
Le persone vittime di abusi e violenze sessuali, filmate senza il loro consenso, che si sono viste sul portale porno sono di fatto condannate a vita alla continua pubblicazione delle loro immagini sul web. Donne abusate, ma soprattutto tanti bambini e adolescenti che inconsapevoli erano finiti in trappole o ricatti sessuali hanno avuto la vita rovinata. Sono stati oggetto per anni di scherno e umiliazioni. Sono finiti in terapia o hanno tentato il suicidio, alcuni purtroppo riuscendoci.
Sebbene Pornhub sostenga di tutelare i minori, di fatto non è così e lasciare i propri utenti liberi di caricare sul proprio portale qualunque tipo di contenuti, senza che dei moderatori li controllino o senza filtri adeguati e non facili da aggirare, come accade ora, rende Pornhub di fatto responsabile di quello che viene pubblicato sulla sua piattaforma. Anche perché i suoi proprietari guadagnano miliardi, non solo sul porno consenziente tra adulti, ma anche dallo sfruttamento dei minori e da video di violenze, stupri, torture, perfino soffocamenti o mutilazioni. Denuncia il New York Times.
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Come se non bastasse, questi video sono anche indicizzati su Google. Quindi trovabili da chiunque anche al di fuori di Pornhub. Anche in questo caso, nonostante le correzioni di Google al suo algoritmo nella ricerca di immagini violente, il motore di ricerca restituisce comunque una gran quantità di video e foto con abusi sessuali su minori. Basta cercare le parole “young porn”, “porno giovane”, per trovare su Google 920 milioni di video con ragazzini e bambini nudi o in atteggiamenti sessuali. Dalla ricerca su Google, spiega il giornalista Nicholas Kristof, viene fuori anche un video di Pornhub dal titolo talmente osceno da non poter essere citato sul giornale.
Il giornalista si è rivolto al National Center for Missing and Exploited Children, Centro Nazionale per i Bambini scomparsi e sfruttarti degli Stati Uniti, per chiedere i numeri ufficiali delle immagini video e di altri contenuti riguardanti lo sfruttamento sessuale dei bambini che vengono segnalati ogni anno. I numeri comunicati dal Centro sono impressionanti:
Anche su altri portali mainstream, come Facebook e Twitter, finiscono i video di abusi sui minori e pornografia infantile. Almeno, i due colossi del web sono intervenuti per rimuoverli. In soli tre mesi quest’anno, Facebook ha rimosso 12,4 milioni di immagini riguardanti lo sfruttamento infantile, mentre Twitter ha chiuso 264mila account in sei mesi, lo scorso anno, che sfruttavano sessualmente i bambini.
Contrariamente ai due portali, lo stesso Pornhub, citando la no-profit inglese Internet Watch Foundation, impegnata nel contrasto delle immagini di abusi sessuali sui minori, segnala che sul suo portale sono stati segnalati solo 118 casi di immagini di abusi sessuali sui minori in tre anni. Un numero di cui Pornhub sembra farsi vanto, ma che è assolutamente irrealistico se paragonato ai contenuti pubblicati su Facebook e Twitter.
Secondo Internet Watch Foundation, questa circostanza si spiega forse con il fatto che i contenuti su Pornhub non vengono segnalati dagli utenti del sito, abituati a un certo tipo di immagini. Solo quando sono le vittime a scoprirli, probabilmente, viene fatta la richiesta di rimozione e la segnalazione alla polizia.
“Se sai cosa cercare – scrive il Times – è possibile trovare centinaia di video di apparenti abusi sessuali su minori su Pornhub in 30 minuti. Pornhub ha recentemente offerto playlist con nomi che includono ‘meno di 18 anni’, ‘la migliore collezione di ragazzi giovani’ e ‘minorenni’“.
Le misure da prendere subito per contrastare questo fenomeno non sono per abolire il porno di per sé, sottolinea Kristof. È evidente, tuttavia, che bisogna adottare nuovi strumenti per fermare questa deriva che oltre a umiliare e ferire le vittime finisce per comunicare a chi usufruisce di questi contenuti una visione distorta e malata della sessualità, soprattutto quando si tratta di ragazzi e adolescenti, per i quali il porno è spesso l’unica forma di educazione sessuale.
Tra le proposte di intervento, ci sono quella di impedire il download dei video pubblicati su Pornhub, come già avviene con YouTube, e richiedere il consenso espresso delle persone ritratte nei filmati che si vogliono caricare sulla piattaforma.
È una strada complicata da percorrere, con soluzioni non facili, ma assolutamente necessaria.
La conclusione del giornalista Nicholas Kristof è comunque amara: “Il mondo è stato spesso inconsapevole degli abusi sessuali sui minori, dalla Chiesa cattolica ai boy scout. Persone come Jeffrey Epstein o R. Kelly vengono perseguite troppo tardi. Ma dovremmo anche opporci alle società che sfruttano sistematicamente i bambini. Con Pornhub, abbiamo Jeffrey Epstein per 1.000“.
L’inchiesta completa del New York Times: www.nytimes.com/2020/12/04/opinion/sunday/pornhub-rape-trafficking.html
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