Bambini e ragazzi spesso fanno fatica a staccarsi dai videogiochi e noi genitori, preoccupati, subito pensiamo a qualcosa tipo “effetto droga”. In realtà è raro che si sia innestata una dipendenza vera e proprio perché spesso i motivi sono altri.
Cercare di far smettere i bambini o gli adolescenti di giocare ai videogiochi per fare i compiti , per cenare, per andare a letto o per fare qualsiasi cosa che non hanno piacere a fare è molto difficile. A chi è capitato di distogliere i propri figli dai videogame si sarà quasi sicuramente sentito dire: “Dai un attimo, ancora un minuto”.
Alcuni ricercatori hanno formulato una teoria che spiega perché convincere i bambini a smettere di giocare sia molto difficile.
Videogiochi: ecco perché bambini e ragazzi non riescono a staccare
Dalla teoria dei neurologi è risultato che non c’entra la dipendenza da tecnologia, ma il problema è che i bambini e gli adolescenti non hanno ancora sviluppato la capacità di interrompere un’attività gratificante per fare qualcosa che per loro è poco divertente.
Il problema risiede nella corteccia prefrontale, cioè nella parte del cervello che regola gli impulsi ed è coinvolta nei processi decisionali. La corteccia prefrontale si svilupperebbe infatti solo dopo i 25 anni.
Per gli adulti canalizzare determinanti impulsi emotivi tenendo a freno le impetuosità e passare a compiti meno graditi, dovrebbe essere una cosa facile. Nei bambini e negli adolescenti questo meccanismo non funziona ancora bene, a causa di quella corteccia prefrontale immatura.
“Ecco perché smettere di giocare ai videogiochi diventa così difficile, a meno che non venga offerta un’attività ancora più appagante”.
La direttrice del National Institute on Drug Abuse negli Stati Uniti, Nora Volkow, in un’intervista al Wall Street Journal, ha spiegato le dinamiche che il nostro cervello mette in funzione per cercare degli interessi che lo rendano felice: “Spegnere il videogame al bambino prima che abbia completato un livello è come vedersi sottrarre una fetta di torta prima di essere arrivati a metà. Solo che mangiare un dolce è un atto che ha una fine: una volta arrivati all’ultima briciola ci si sente appagati. Un discorso diverso riguarda i videogiochi che sono studiati e progettati per offrire ricompense non conclusive (i livelli) che spingono il giocatore a voler continuare (e in alcuni videogiochi la fine non c’è mai)”.
La neuropsichiatra e direttore dell’Unità di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza all’ospedale Policlinico di Milano, Antonella Costantino, spiega che bisogna aiutare i bambini ad accettare le interruzioni già quando sono piccoli: “La capacità di interrompere qualcosa che ci piace si sviluppa progressivamente nell’infanzia, e va quindi costruita fin da quando i bambini sono piccoli, gestendo le interruzioni, spiegandone i motivi e aiutando a immaginare gratificazioni meno immediate, che arrivano al termine di percorsi che possono richiedere fatica. È anche molto importante che i bambini possano sviluppare interessi differenziati con un range ampio di possibili gratificazioni, dalle quali è molto più facile andare e venire”.
Come riportato da il Corriere della Sera, per Chris Ferguson, psicologo esperto di videogame della Stetson University in Florida, l’attesa per giocare ai videogiochi si traduce in un aumento di circa il 75% di dopamina nel cervello rispetto ai livelli di base.
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Le ricerche che dimostrano che più un giocatore diventa bravo, più i livelli di dopamina aumentano, sono tante, ma mai fatte sui bambini. Questo perché richiedono l’uso di materiali radioattivi durante la Pet.
I consigli della neuropsichiatra per gestire i figli che giocano ai videogiochi
La Dottoressa Antonella Costantino fornisce 3 consigli ai genitori che non riescono a far smettere, senza pianti ed urla, ai figli di giocare ai videogiochi:
- avvisare con un po’ di anticipo che il tempo sta per scadere
- decidere insieme delle regole da rispettare, prima di giocare
- munirsi di un timer e preavvisando i ragazzi che il tempo potrebbe scadere a metà del livello di gioco.
“Un buon trucco per la condivisione di queste norme è rendere evidente che servono per tutti, che anche a noi succede a volte di fare fatica a interrompere qualcosa, e che quindi la regola aiuta tutti a ricordare un valore condiviso. Possiamo magari ribadire “Ti ricordi che tra 5 minuti devi chiudere il videogame perché devi fare i compiti?”.
“I genitori possono suggerire, quando si avvicina l’ora X, di chiudere il videogioco poco prima dello scadere del tempo, una volta terminato il livello in corso e conservare i minuti non utilizzati per la prossima sessione, magari quando si dovrà affrontare una fase davvero complicata” suggerisce l’esperta.
Voi unimamme ricorrerete a questi stratagemmi per interrompere i videogiochi dei vostri figli?