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Se positivi, per quanto tempo si è contagiosi? Risponde la scienza

Published by
Maria Sole Bosaia

Una ricerca ha indagato il momento in cui, risulati positivi al Covid – 19, si è più infetti e quindi contagiosi. Cerchiamo di capirlo anche noi parlando di carica virale, rilascio virale e infettività.

Foto da Adobe Stock

Unimamme, è innegabile che al momento l’attenzione della ricerca scientifica sia dedicata al Covid – 19 e alle sue innumerevoli implicazioni.

Uno studio a cui hanno partecipato ricercatori dell’università britannica di St. Andrews, del Queen Elisabeth University Hospital di Glasgow, del College of Medicine and Veterinary Medicin dell’Università di Edimburgo, dell’ospedale Cotugno di Napoli, ha preso in considerazione il periodo in cui una persona affetta da Covid- 19 è più contagiosa.

Covid-19 e infettività: i risultati di uno studio

Per realizzare questo studio, riportato su The Lancet,  sono state vagliate decine di ricerche sul Covid – 19 e altri studi su Sars e Mers. Gli scienziati hanno posto particolare attenzione a due aspetti molto importanti:

  • carica virale: la quantità di virus presente nell’organismo e le variazioni durante la malattia
  • rilascio virale: espulsione di particelle virali quando si parla, quando si ha un colpo di tosse, starnutisce o respira, questo non equivale all’infettività

Ciò che è stato scoperto è:

1- nei pazienti con sintomi lievi, che magari possono curarsi a casa, la carica virale ha raggiunto il massimo molto presto nella gola e nel naso.  In queste persone la quantità di virus in corpo è risultata massima tra il primo e il quinto giorno dall’inizio dei sintomi.

Sebbene le tracce genetiche di Covid – 19 siano rintracciabili per settimane, è importante sapere che non c’è traccia di virus vitale nei campioni prelevati dopo il nono giorno dall’inizio dei sintomi.

Foto da Adobe Stock

2- nei pazienti invece che hanno preso il Covid-19 in forma grave, la massima contagiosità si ha nei giorni prima della comparsa dei sintomi e nei 5 giorni successivi.

Inoltre è molto difficile che dopo la seconda settimana il paziente disperda frammenti contagiosi.

Gli studi hanno guardato cosa è avvenuto durante le precedenti pandemie: nei casi della SARS, la sindrome respiratoria acuta grave e quello della MERS, i pazienti avevano il picco di infettività dopo diversi giorni dall’inizio dei sintomi e, a quel tempo, erano già ricoverati o isolati. Per questo motivo queste altre due malattie molto gravi sono state più facili da gestire rispetto al Covid -19. In quest’ultimo caso infatti quando si riesce a fare il tampone si è fuori dal periodo di massima infettività.

Dunque gli scienziati consigliano di isolarsi ben prima di sottoporsi al test e prima di avere l’esito.

Unimamme, voi cosa ne pensate di questi risultati?

Maria Sole Bosaia

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