La giornalista e scrittrice, nonché conduttrice televisiva, Antonella Boralevi riflette sul caso Genovese affermando che le ragazze non hanno nessuna colpa per essere state violentate, ma che comunque sbagliano e spiega come.
Unimamme, in questi ultimi tempi avrete sicuramente sentito parlare del caso Genovese, imprenditore di adozione milanese accusato di aver stuprato una ragazza di 18 anni a casa sua, durante una festa.
L’evento, risalente al 10 ottobre scorso, ha sollevato un vero polverone per la notorietà della persona interessata e per le modalità con cui è avvenuto il fatto.
La violenza di cui ora è accusato e per la quale è finito in carcere è avvenuta nella sua residenza milanese, la Terrazza sentimento dove la diciottenne si era recata per una festa a cui partecipavano moltissime altre persone. La ragazza sarebbe rimasta chiusa per 24 ore in una stanza dell’appartamento davanti alla cui porta c’era un bodyguard di Genovese. L’uomo è stata poi arrestato mentre si accingeva a lasciare il Paese.
Solo poco tempo fa la vittima si è collegata in diretta nella trasmissione di Barbara D’Urso fornendo la sua versione dei fatti. La ragazza ha accusato il fatto che molti ora le diano la colpa dell’accaduto. La giovane è seguita da uno psicologo e da uno psichiatra per cercare di superare il trauma.
Ora l’opinionista Antonella Boralevi su La Stampa riflette su quanto avvenuto. La scrittrice ha ricordato che Genovese è indagato per 2 stupri, uno, quello che ha fatto scoppiare il caso avvenuto nella sua terrazza vista Duomo e l’altro a Ibiza. Sono indagati anche il suo ex braccio destro, Leali, accusato di avergli procurato la droga e le ragazze e l’ex fidanzata Sara Borruso, accusata di aver partecipato allo stupro.
La Boralevi ha ricordato che la ragazza è stata attirata nella stanza di Genovese, in cui vi erano delle telecamere e dove è stata sottoposta a terribili torture. L’imprenditore ha poi cercato di cancellare le prove.
“Nessuna donna è mai colpevole della violenza che subisce, non lo è perché è andata in quel certo posto, perché si è vestita in un certo modo, né perché ha detto qualche cosa. Ogni donna è libera di andare dove vuole, di vestirsi come vuole, ma non per questo deve diventare colpevole se subisce una violenza.“
L’opinionista sottolinea che magari bisognerebbe invece riflettere sulle motivazioni che spingono tante ragazze ad andare in posti dove ci sono moltissime giovani donne molto belle, dove c’è un solo uomo o molto pochi, dove loro lavorano perché sono ragazze immagine, modelle e considerano, appunto, normali, queste feste.
Queste giovani donne considerano normale andare a una festa dove viene offerta droga, dove può accadere che il padrone di casa ci provi con te e ritengono, nonostante tutto ciò, di essere al sicuro. Alcune però non possiedono questi strumenti caratteriali, culturali, mentali che possono aiutarle ad andarsene prima che scatti la violenza.
“Questo è il mondo su cui noi dobbiamo lavorare, su queste ragazze che sono anche ingenue“ spiega la Boralevi. “Dobbiamo far capire a queste ragazze che il loro universo di riferimento non può essere quello dei social“ prosegue la Boralevi, aggiungendo che in questo mondo alternativo che vive nella rete ci sono modelli come Kim Kardashian che mostrano il lato b e ottengono consensi e fama.
“Bisogna far capire alle ragazze che mostrarsi non è un valore, che mostrare il sedere è un’umiliazione”.
L’opinionista conclude aggiungendo che dire che la prostituzione è una professione, secondo lei si altera la psiche delle giovani che non sanno ancora difendersi. Aggiunge infatti che fatti salvi pochi casi nella maggior parte dei casi la prostituzione è schiavitù.
“La prostituzione è una umiliazione, noi dobbiamo far sì che le nostre figlie non credano alle favole marce come quella di genovese. Dobbiamo insegnare a tutte le ragazze a pensare con la propria testa”.
Unimamme, voi cosa ne pensate di quanto espresso dalla Boralevi?
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