Emergono nuovi dettagli circa la vicenda di un ragazzo che si è ucciso a causa del bullismo.
Unimamme, oggi vi parliamo di una storia che forse avrebbe potuto avere un esito diverso.
Protagonista di questa vicenda è un ragazzo che si chiamava Michele Ruffino e che purtroppo è morto suicida quando aveva solo 17 anni, dopo essere stato perseguitato a lungo dai bulli.
Michele aveva iniziato ad avere problemi di salute quando era piccolo, gli era stata diagnosticata una ipotonia agli arti superiori e inferiori a causa della somministrazione di un vaccino scaduto. Nonostante queste difficoltà iniziali Michele era un ragazzino determinato che aveva imparato a gestire la sua situazione.
I suoi coetanei però lo prendevano sempre di mira, lo bullizzavano costantemente. Lo chiamavano handicappato e quando era l’ora di educazione fisica gli sputavano addosso. Michele soffriva per questa situazione, ma non voleva impensierire i suoi genitori e quindi non si confidava con loro.
Il ragazzo era molto bravo con le cose manuali e aveva una grande passione per la pasticceria, i suoi compagni di classe però usavano anche questo contro di lui, gli dicevano: “sei gay”, “devi morire”. In famiglia i genitori gli suggerivano di non dare importanza a questi insulti, così si è arrivati al 23 febbraio del 2018.
Dopo pranzo l’adolescente è uscito per una passeggiata, dopo un’ora, non vedendolo ritornare la madre, preoccupata, l’ha chiamato. Lui le ha risposto che sarebbe tornato a breve, ma non è stato così, il ragazzo si era buttato giù da un ponte.
Prima di suicidarsi però Michele aveva consegnato una lettera di addio a un amico, che l’ha poi fatta avere a una ragazza che a sua volta l’ha resa nota ai coetanei. Nella lettera Michele esplicitava il suo desiderio di togliersi la vita. “Ti voglio un bene dell’anima, ma è arrivato il momento di dirti addio, spero che non mi dimenticherai facilmente anche perché quando ti arriverà questa lettera, io non ci sarò più” scriveva Michele.
Nessuno dei ragazzi ha però provato a fermare Michele o allertare i genitori o avvisare gli insegnanti. Da un audio diffuso da Chi l’ha visto emerge la consapevolezza dei ragazzi. “Molto probabilmente faranno delle indagini e quindi quella lettera di cui sappiamo, è come se non esistesse, non deve esistere perché se scoprono, cioè se scoprono, che avevamo quella lettera ci possiamo andare nei ca**i, perché sarebbe omissione di soccorso, perché noi potevamo saperlo e quindi potevamo fermarlo. Fatevi i ca**i vostri. Ve l’ho spiegato in maniera tranquilla, adesso ve lo dico: fatevi i ca**i vostri.”
Persino al funerale di Michele i bulli hanno avuto il coraggio di mancargli di rispetto, vedendo una sua foto un ragazzo ha esclamato: “ma questo in foto non è Michele, lui era storpio, è meglio in foto che da vivo”. Per questa frase i genitori di Michele hanno provato a sporgere una querela che è stata però rigettata dal magistrato. I genitori hanno sporto denuncia anche per la morte di Michele, ritenendo che il figlio sia stato portato al suicidio a causa dei continui atti di bullismo.
Dopo tre anni i genitori di Michele, sono ancora in attesa di scoprire la verità. Loro vorrebbero che i bulli fossero rieducati, magari con i servizi sociali. “Finché avrò vita non mi fermerò. Chi conosceva mio figlio sapeva che era umile, gentile, aveva tanta voglia di vivere nonostante avesse passato tutta la vita a combattere con la malattia” aggiunge Maria Cantabrone Raso, la mamma di Michele su Fanpage.
Nel nome del figlio la famiglia di Michele ha fondato l’associazione Miky Boys, con lo scopo di sensibilizzare alla lotta al bullismo. “Andiamo nelle scuole a parlare ai ragazzi. Loro ascoltano, capiscono, sono la nostra speranza“ racconta la mamma del ragazzo che ha cercato di dare un senso alla perdita subita.
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