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Covid scuola, dal nido alle superiori: come si sono contagiati i nostri figli?

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valeria bellagamba

Covid: uno studio italiano ha indagato come è avvenuto il contagio nei diversi gradi di scuola, dal nido alle scuole superiori. La scoperta che riguarda gli studenti delle scuole superiori.

Covid scuola, dal nido alle superiori: come si sono contagiati i nostri figli? – Universomamma.it (Adobe Stock)

La questione della contagiosità degli studenti a scuola è stata a lungo dibattuta negli ultimi mesi in merito ai rischi di diffusione del nuovo Coronavirus Sars-CoV-2. C’è chi sostiene che le scuole siano luoghi assolutamente sicuri e che gli studenti non contribuiscano a diffondere il contagio, o almeno non più di altri casi, e invece c’è chi sostiene che bambini e ragazzi, pur non ammalandosi, siano molto contagiosi e dunque pericolosi per gli adulti, dagli insegnanti ai genitori.

Tra i sostenitori della prima teoria c’è la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che da tempo insiste per la riapertura di tutte le scuole.

Con la reintroduzione delle misure restrittive in autunno e l’istituzione delle zone di rischio a seconda dei colori sono state chiuse tutte le scuole superiori. I ragazzi tornati alla didattica a distanza, salvo alcune giornate di laboratorio in presenza. Nelle zone rosse, anche gli studenti della terza media sono stati lasciati a casa. Nello stesso tempo, sono state disposte le chiusure anche a livello locale, come in Campania e in Puglia, dove la didattica in presenza è stata sospesa anche alle scuole elementari.

Provvedimenti che hanno fatto infuriare tante famiglie e hanno suscitato anche le proteste degli studenti delle superiori, che hanno organizzato sit-in davanti ai loro istituti scolastici con banchi e i computer portatili per la didattica a distanza.

Ora Azzolina e i sindacati premono per la riapertura di tutte le scuole il 7 gennaio, al rientro dalle vacanze di Natale. I timori di una terza ondata di contagi e la curva epidemica che non scende abbastanza, tuttavia, rischiano di far slittare ancora la riapertura degli istituti, anche soltanto per le scuole superiori.

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Compensare la necessità di contenere i contagi con il bisogno dei ragazzi di frequentare la scuola è molto difficile. Per capire quando e come le scuole possono restare aperte e quando invece dovrebbero chiudere per contenere l’epidemia è importante conoscere la contagiosità degli studenti. Quanto si infettano i ragazzi a scuola? Come? Soprattutto quanto sono contagiosi, dunque pericolosi, per gli altri? Soprattutto gli adulti più fragili. Un recente studio italiano sembra dare torto ad Azzolina e ragione agli esperti che hanno disposto la chiusura delle scuole superiori. Ecco cosa bisogna sapere.

Covid: secondo uno studio gli studenti delle scuole superiori diffondono il contagio

Gli studenti delle scuole superiori sono molto contagiosi quando vengono infettati dal Coronavirus e contribuiscono a diffonderlo nella comunità. A sostenerlo è uno studio italiano condotto tra gli studenti di Reggio Emilia dopo la riapertura delle scuole a settembre.

Lo studio è stato realizzato da un gruppo di lavoro di studiosi che lavorano a Reggio Emilia ed è stato pubblicato su Eurosurveillance, rivista europea di sorveglianza sulle malattie infettive, l’epidemiologia, la prevenzione e il controllo.

I ricercatori hanno condotto indagini epidemiologiche in 41 classi di 36 scuole di differente ordine e grado della provincia di Reggio Emilia, dal 1° settembre al 15 ottobre 2020, dopo la notifica di casi di infezione da Coronavirus. Dall’analisi dei diversi casi, principali e secondari, e della diffusione del contagio nelle scuole, gli studiosi hanno rilevato che la trasmissione all’interno delle scuole medie e superiori è stata rilevante, mentre nella scuola d’infanzia ed elementare non si sono verificati casi importanti.

Nel grafico qui sotto i casi e i decessi giornalieri di Covid-19 nella provincia di Reggio Emilia, dal 27 febbraio al 10 novembre 2020. Per un totale di 11.878 casi e 658 morti.

Eurosurveillance

Il grafico mostra la prima ondata di contagi, a marzo e aprile, e la seconda, iniziata a ottobre. I ricercatori hanno tentato di capire quanto la riapertura delle scuole possa aver inciso sulla seconda ondata.

I casi di Covid nelle scuole di Reggio Emilia

Circa 31mila studenti frequentano le scuole della provincia di Reggio Emilia: gli infanti da 0 a 3 anni nei nidi, i bambini da 3 a 5 anni alla scuola d’infanzia, quelli da 6 a 10 anni alla scuola elementare, i ragazzi da 11 a 13 anni alle scuole medie, infine i ragazzi da 14 a 19 anni alle superiori. Nidi e materne hanno riaperto il 1° settembre, invece le altre scuole il 15 settembre.

Alla riapertura, sono state introdotte negli istituti le misure di prevenzione anti-Covid: distanziamento fisico, con banchi singoli in classe, percorsi separati per ingressi e uscite, alternanza tra presenza in classe e didattica a distanza per le lezioni, infine l’uso della mascherina protettiva.

Nel loro studio, i ricercatori hanno analizzato tutti i casi di Covid-19, confermati con tampone molecolare, diagnosticati dal 1° settembre al 15 ottobre nella provincia di Reggio Emilia tra i bambini e i ragazzi da 0 a 19 anni che avevano una possibile esposizione o contatti a scuola, valutati durante l’indagine epidemiologica.

Nel periodo dello studio la notifica di casi di Covid-19 è stata ricevuta da 41 classi in 36 scuole:

  • 8 nidi e scuole materne,
  • 10 elementari
  • e 18 secondarie, di cui
    • 5 scuole medie
    • 13 scuole superiori.

La popolazione scolastica coinvolta è stata di 1.248 persone:

  • 209 membri del personale scolastico, docenti e non,
  • e 1.039 studenti.

Durante le indagini epidemiologiche sono stati individuati 1.200 contatti, di questi 1.198 sono stati testati:

  • 994 studenti e
  • 204 docenti e personale non docente.

I casi indice di Covid-19, notificati alle scuole, sono stati 48, di cui 43 tra gli studenti e 5 tra il personale scolastico. Così distribuiti nelle scuole:

  • 6 bambini e 2 insegnanti nei nidi e nelle materne;
  • 14 bambini alle elementari;
  • 23 bambini e 5 membri del personale scolastico nelle scuole medie e superiori.

Mentre sono stati identificati 38 casi secondari (3,8%) in nove cluster in totale, tra i 994 studenti:

  • 1 caso in una delle dieci scuole elementari prese in esame,
  • 37 casi in due delle cinque scuole medie e sei delle tredici scuole superiori.

Nessun caso secondario si è avuto nel personale scolastico.

Il tasso di contagio è risultato più alto nelle scuole secondarie, medie e superiori, registrando un 6,6%, rispetto alle scuole primarie, con lo 0,38%. Invece, non si sono verificati casi secondari nei nidi e nelle scuole d’infanzia.

L’età media dei casi indice era di 13,3 anni (range: 10-17 anni); dei contatti positivi era di 13,2 anni (range: 10-18 anni).

Conclusioni

Se studi precedenti sulla contagiosità di bambini e ragazzi nelle scuole hanno escluso una elevata trasmissibilità del virus, va precisato che questi studi sono stati condotti in prossimità della chiusura delle scuole, quindi con una bassa circolazione del virus. Soprattutto, questi studi hanno riguardato la contagiosità nelle scuole d’infanzia e primarie, dove la trasmissione del virus è stata molto ridotta, un dato confermato anche da questo studio.

Diverso, invece, è il caso delle scuole superiori, e medie, dove la contagiosità tra studenti, invece, è elevata. Sebbene uno studio condotto in Germania abbia dimostrato una bassa circolazione del Coronavirus tra studenti di tutte le età, dunque anche delle scuole superiori.

In questo caso, la differenza tra risultati tedeschi e quelli delle scuole di Reggio Emilia è probabilmente dovuta ai ritardi nell’isolamento dei compagni di classe dei contagiati e nell’esecuzione dei tamponi. Spiegano i ricercatori.

La conclusione, dunque, è che nelle scuole di Reggio Emilia la trasmissione del Coronavirus  a scuola è avvenuta in un numero non trascurabile di casi nella fascia di età dai 10 ai 18 anni, ovvero quella delle scuole medie e superiori.

Invece, non si sono verificati casi secondari nei nidi e nelle scuole d’infanzia, mentre solo uno nelle scuole elementarti e nessuno tra il personale scolastico.

Alla fine, almeno nel cluster più grande, l’isolamento immediato e test più rapidi potrebbero aver ridotto la trasmissione del virus. Dunque, la tempestività in questi casi è importante.

Ragazzi a scuola in Italia (Foto di MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images)

Che ne pensate unimamme dei risultati di questo studio?

valeria bellagamba

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