Il 17 gennaio si festeggia l’onomastico di chi si chiama Antonio. Scopriamo origine del nome e storia del santo ricordato oggi.
Antonio, uno dei nomi più comuni sull’intero territorio nazionale, deriva dal nome gentilizio latino Antonius, di probabile origine etrusca (Anto) e di etimologia incerta. Nel corso del tempo si sono succedute diverse teorie sul suo significato, alcune (le più accreditate) ritengono che voglia dire “colui che fronteggia i suoi avversari”, “inestimabile”.
Chi si chiama Antonio è una persona timida e discreta, estremamente simpatica e coinvolgente. Ottimista di natura, sincero e collaborativo.
Varianti del nome:
I simboli associati al nome sono:
Per quanto riguarda il santo, il 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate. Antonio è stato un eremita egiziano considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati (titolo spettante al superiore di una comunità monastica di dodici o più monaci).
Antonio nasce in Egitto a Qumas nel 251 circa, in una famiglia di agiati agricoltori cristiani. Rimane orfano prima dei vent’anni, con un ricco patrimonio da gestire e una sorella più piccola a cui badare. Segue, però, l’esortazione evangelica “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri” e distribuisce i suoi beni ai poveri e affida la sorella ad una comunità femminile.
Segue la vita solitaria nei deserti intorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità.
Nel 285 si sposta verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove esisteva una fortezza romana abbandonata, con una fonte di acqua dove rimane per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all’anno. Qui purifica la sua anima affrontando anche molti scontri con il demonio.
Con il tempo molte persone decidono di stare vicino a lui e lo liberano: inizia quindi ad aiutare i sofferenti operando “guarigioni” e “liberazioni dal demonio”. Il gruppo dei seguaci di Antonio si divide in due comunità, una a oriente e l’altra a occidente del fiume Nilo ma entrambe vivevano in grotte e anfratti sempre sotto la guida di un eremita più anziano e con Antonio come guida spirituale.
Antonio contribuisce quindi all’espansione dell’anacoretismo, ovvero a quei religiosi che conducono vita solitaria dedicandosi alla preghiera e alla contemplazione.
Nel 311, durante la persecuzione dell’imperatore Massimino Daia, Antonio torna ad Alessandria per sostenere e confortare i cristiani perseguitati. Non viene però soggetto di persecuzioni personali.
Tornata la pace vive i suoi ultimi anni nel deserto della Tebaide dove muore alla veneranda età di 105 anni, nel 357, pregando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento.
Viene poi sepolto dai suoi discepoli in un luogo segreto, scoperto nel 561.
Le reliquie sono state poi portate in Francia nell’XI secolo a Motte-Saint-Didier, dove viene costruita una chiesa in suo onore. Qui diversi malati iniziano un pellegrinaggio, soprattutto i malati di ergotismo, oggi conosciuto come “herpes zoster”, o “fuoco di Sant’Antonio”, conosciuto in antichità come “fuoco sacro” per il forte bruciore che si prova.
Per curare l’ergostismo veniva usato il grasso del maiale. Ecco spiegato il motivo per cui Sant’Antonio è considerato il santo patrono dei maiali e di tutti gli animali domestici e della stalla.
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