Ormai nel mondo ci sono diverse varianti del Covid – 19, vediamo insieme quali e se i timori nei loro confronti sono giustificati.
Unimamme, ormai è quasi un anno da quando in Italia venne annunciato il caso numero 1 di Covid 19.
In realtà questa malattia, di cui non ci siamo ancora liberati, circolava già da tempo nel nostro Paese, senza che noi lo sospettassimo.
Da un recente studio è emerso che una ragazza di 25 anni il 10 novembre del 2020 aveva il Covid.
Ultimamente si è parlato molto delle varianti di questa malattia, quella inglese, quella sudafricana e ora ce ne sarebbe anche una brasiliana.
Ci si chiede anche se gli agognati vaccini potranno contrastarle efficacemente, vediamo quindi cosa dice la scienza a questo proposito.
Innanzitutto bisogna chiarire che i virus mutano nel tempo, ma quelli come il coronavirus non lo fanno velocemente. Purtroppo il Covid ha come asso nella manica la diffusione pandemica, essendoci tanti pazienti in cui replicarsi il Sars-Cov-2, con un grosso bacino di mutazioni, può dar luogo a diversi ceppi virali.
Il fatto che aumentino le mutazioni però non vuole necessariamente dire che ci saranno nuove proprietà del virus.
Naturalmente esiste comunque il rischio che un nuova variante di Sars-Cov-2 possa dare problemi. L’Oms infatti ha invitato tutte le nazioni al monitoraggio delle varianti virali.
Vediamo insieme quali sono.
VARIANTE INGLESE
Chiamata ufficialmente Voc 202012/01, Variant of Concern, anno 2020, mese 12, variante 01. E’stata annunciata dal governo inglese lo scorso 14 dicembre.
Questa variante inglese ha fatto le sue prime mosse nel Sud Est dell’isola, è un ceppo virale che non presenta legami con quelle che circolavano nel Regno Unito e ha mutazioni in 23 nucleotidi di cui 6 silenti, cioè cambiamenti genetici che non modificano la proteina codificata del gene, e 17 non sinonime, cioè risultati in un’alterazione delle proteine codificate da geni mutati.
Le mutazioni presenti in questa variante riguardano la proteina spike utilizzata dal Covid per entrare nelle cellule. Così ne è stata aumentata l’affinità con il recettore Ace2. Saranno necessari ulteriori studi per stabilire se davvero questa variante ha una maggior trasmissibilità. Fino adesso è stata individuata in 33 Paesi
VARIANTE SUDAFRICANA
E’ diventata nota, in tutto il mondo, il 18 dicembre. Il suo nome ufficiale è: 501Y.V2, si caratterizza per una mutazione nella proteina spike chiamata N 501Y, che è la sostituzione dell’asparagina (N) con tirosina (Y) nell’aminoacido nella posizione 501.
Si tratta della stessa mutazione nella variante inglese, ma le due sono comunque diverse. Questa variante domina in tre province del Sudafrica e potrebbe aumentare l’infettività. Secondo quanto riportato su Il Sole 24 ore possiede una maggior capacità di contagio e una carica virale più alta.
VARIANTE BRASILIANA
Risale ufficialmente all’11 gennaio del 2021, quando il ministro della Salute del Giappone ha dichiarato che era stata isolata una nuova variante del Sars-Cov-2 in 4 persone arrivate dal Brasile.
Questa sarebbe una seconda variante del Brasile di cui la prima è già arrivata in Europa e nel Regno Unito.
Un’infermiera brasiliana 45enne si è reinfettata di Covid-19 con la nuova variante che dunque potrebbe rendere il virus capace di superare l’immunità sviluppata con una prima infezione.
I ricercatori della Fondazione Oswaldo Cruz, un istituto di ricerca di Rio de Janeiro sostengono che le mutazioni di questa nuova variante potrebbero aumentare i rischi di reinfezione.
A questo punto però non si sa se questa variante brasiliana avrà qualche effetto sui vaccini o meno.
VARIANTE DANESE
Questa versione riguarda, per “fortuna”, per ora, solo gli allevamenti di visoni danesi.
Possiede una combinazione di mutazioni mai osservate in altre varianti del virus. Questa variante, chiamata Cluster 5, potrebbe essere più grave e forse rendere inutile le vaccinazioni. In Danimarca però sono state individuati solo 12 casi di infezione umana di questa variante, come si legge su Wired.
Infine, in Italia, sono state diffuse le varianti 20A.EU1 e 20A.EU2, provenienti dalla Spagna e giunte da noi in autunno.
Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma e membro del Cts sostiene che al momento nessuna delle varianti sembra cambiare l’efficacia del vaccino.
Stando ai risultati di uno studio sul vaccino Pfizer-BioNTech della stessa azienda e dell’università del Texas pare che appunto quest’ultimo sia efficace contro 16 diverse mutazioni del virus, tra queste ci sono anche la variante inglese e quella sudafricana.
Stessi risultati sono stati ottenuti anche da uno studio condotto in Italia. Inoltre anche l’istituto zooprofilattico di Puglia e Basilicata ha svolto uno studio da cui è risultato che gli anticorpi protettivi sviluppati dai pazienti con altre varianti del virus possono inibire la crescita della variante inglese.
Unimamme, voi cosa ne pensate di queste osservazioni?
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