Morte di Martina Rossi: cosa ha deciso la Corte di Cassazione, la sentenza.
Non è finita. La Corte di Cassazione ha preso una decisione importante sul caso di Martina Rossi, la ragazza ventenne che nell’estate del 2011 morì a Palma di Maiorca dopo essere precipitata dal sesto piano dell’albergo dove alloggiava.
Il caso venne frettolosamente archiviato come suicidio dalla polizia spagnola. Purtroppo a Palma di Maiorca non sono infrequenti i casi di giovani turisti deceduti dopo essere precipitati dalle finestre o dai balconi degli alberghi, sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In alcuni casi c’è stato chi si è lanciato letteralmente nel vuoto, completamente fuori di sé, in altri le cadute sono avvenute accidentalmente.
Non è stato, però, il caso di Martina Rossi. La ragazza, secondo l’autorità giudiziaria italiana, e secondo i genitori, non si è uccisa e non è caduta mentre era sotto l’effetto di alcol o droghe. Martina è precipitata nel vuoto mentre tentava di sfuggire a uno stupro.
I genitori hanno lottato per quasi dieci anni con tutte le loro forze per ottenere giustizia per Martina e far condannare le persone che sarebbero responsabili della sua morte. Ora, la Corte di Cassazione segna un passaggio decisivo. Ecco cosa è stato deciso.
Il processo per la morte di Martina Rossi va avanti. Anzi riprende. La sera di giovedì 21 gennaio, la Corte di Cassazione ha emesso la sua sentenza sulla lunga e travagliata vicenda giudiziaria della ventenne di Genova. I giudici hanno annullato la sentenza di appello che aveva assolto i presunti responsabili della morte della giovane, disponendo un processo di appello bis.
Gli imputati sono Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, entrambi di Castiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo. I due erano accusati di tentata violenza sessuale di gruppo e morte come conseguenza di altro reato (la caduta di Martina dal sesto piano). Reati per i quali erano stati condannati a 6 anni di reclusione ciascuno nel processo di primo grado, davanti al Tribunale di Arezzo, il 14 dicembre 2018. Nel frattempo, il secondo reato si è estinto per prescrizione, nel febbraio del 2020, dimezzando la pena per i due giovani, oggi 28enni.
È rimasto, pertanto, il reato di tentata violenza sessuale di gruppo, per il quale la Procura di Firenze aveva chiesto nel processo di appello la condanna dei due giovani a 3 anni di reclusone ciascuno. Confermando così l’impianto accusatorio del primo grado. La Corte di Appello di Firenze, tuttavia, ha respinto la tesi dell’accusa e lo scorso 9 giugno ha assolto Albertoni e Vanneschi con la formula “il fatto non sussiste“. Secondo la versione accolta dalla Corte, Martina non è caduta accidentalmente nel tentativo di sfuggire a uno stupro ma sarebbe caduta perché sotto l’effetto di hashish.
Una sentenza che aveva sconvolto i genitori della ragazza, Bruno Rossi e Franca Murialdo, e suscitato indignazione nell’opinione pubblica.
Troppi fatti di quella vicenda sono risultati subito sospetti: i pantaloncini che Martina indossava la sera in cui è morta e che non sono mai stati ritrovati e i graffi sul collo di Alessandro Albertoni. Secondo la ricostruzione dell’accusa, la sera del 3 agosto 2011 al ritorno in hotel dopo la serata in discoteca, Martina Rossi sarebbe salita in camera di Albertoni e Vanneschi, perché nella sua stanza le sue amiche erano in compagnia degli altri due ragazzi. I due imputati avrebbero tentato di approfittare della circostanza per violentare Martina. Una prova verrebbe dai pantaloncini che sarebbero stati sfilati alla ragazza e mai più ritrovati. Inoltre, ci sono i graffi al collo di Albertoni, che proverebbero un tentativo di difesa da un’aggressione.
Per sfuggire allo stupro, poi, Martina sarebbe uscita sul balcone della camera e da qui avrebbe tentato di scavalcare un muretto che lo separava dal balcone a fianco. Mentre cercava di passare da un balcone a un altro, probabilmente per l’agitazione dalla paura e per la scarsa visibilità, dovuta al fatto che la ragazza era miope e non indossava gli occhiali, Martina scivolava precipitando per sei piani. Una caduta che le è stata fatale.
I due imputati si sono sempre difesi dichiarandosi innocenti. La Corte di Appello di Firenze ha accolto la tesi difensiva dei loro avvocati, secondo i quali Martina si sarebbe suicidata, e ha assolto i due giovani.
La sentenza di appello, tuttavia, è stata impugnata dalla Procura generale di Firenze per “indizi non valutati“, per “motivazione contraddittoria“, per una “valutazione frazionata e priva di logica degli indizi” e per un “travisamento di circostanze decisive“.
I giudici, secondo la Procura, non hanno saputo spiegare il perché della morte di Martina, come riporta l’edizione di Genova di Repubblica. Avevano parlato di “un litigio, un malore, un approccio di natura sessuale o anche un tentativo di violenza che potesse aver innescato in lei la spinta a un gesto autolesivo o comunque uno stato psicologico di non pieno controllo di sé“.
La Corte di Cassazione ha dato ragione alla Procura di Firenze e ha annullato la sentenza di assoluzione, ordinando che il processo di appello venga celebrato di nuovo.
I genitori di Martina sono apparsi visibilmente dopo la pronuncia della sentenza. “Ce l’abbiamo fatta. Era indispensabile questo annullamento per fare chiarezza“, ha commentato papà Bruno all’Ansa. “Adesso si lavora per avere il minimo di giustizia. Martina non me la ridarà nessuno, ma almeno si saprà cosa è successo quella notte – ha aggiunto -. Ci hanno provato in tutti i modi a distruggere me e mia moglie. A raccontare un’altra storia. Ma io sono più duro di loro e non ho mai ceduto“.
Bruno Rosso ha detto di aver avuto “una forte delusione dopo la sentenza d’appello. Quelle motivazioni hanno cancellato il lavoro della polizia, dei primi giudici – ha detto -. Pensare poi che quelle motivazioni le ha scritte una donna non riesco a mandarlo giù. Non ha pensato che poteva succedere anche a lei, alle sue figlie? Si mettono le scarpe rosse e poi quando hai la possibilità di punire chi fa del male a una donna, fai le cose diversamente“.
“Adesso bisogna lottare contro il tempo per evitare la prescrizione e arrivare a ristabilire la verità per Martina, perché se lo merita“, ha concluso il padre.
Il ribaltamento della sentenza di appello da parte della Cassazione ricorda il caso di Marco Vannini, quando la Corte annullò la sentenza di appello che aveva condannato Antonio Ciontoli a soli 5 anni di reclusione per omicidio colposo. Anche in quel caso la lotta dei genitori della vittima è stata fondamentale, in particolare quella di mamma Marina, che per il suo coraggio è stata eletta tra le 100 donne dell’anno 2020.
Conoscevate il caso di Martina, unimamme? Che ne pensate di questa decisione della Corte di Cassazione?
Quando il termine della gravidanza si avvicina, molte donne iniziano a interrogarsi sul momento del…
Il parto rappresenta il culmine della gravidanza, un'esperienza unica che si differenzia per ogni donna.…
La coesistenza tra neonati e gatti rappresenta una curiosità per molti neogenitori, preoccupati su come…
Il parto naturale rappresenta una scelta consapevole e informata per molte donne che desiderano vivere…
La relazione tra cani e bambini è da sempre fonte di dolci immagini e racconti…
Il sonno dei neonati è una tematica che cattura l'attenzione di genitori in tutto il…