Quando il momento del parto si avvicina sono tanti i termini che le mamme sentono nominare: vediamo cosa significa eutocico e distocico.
Quando si parla di parto non è mai facile e molte mamme che al momento sono in procinto di viverlo si stanno informando per scoprire che cosa le attende.
Di solito la classificazione del parto viene fatta tra parto naturale e parto cesareo, ma entrambi al loro interno hanno delle altre specifiche.
E parlando di parto naturale c’è una grande differenza da non sottovalutare tra parto eutocico e parto distocico.
Per parto eutocico si intende un parto naturale attraverso il quale il bambino viene espulso dal canale vaginale senza l’impiego di strumenti come la ventosa o il forcipe e soprattutto senza che alla mamma venga indotto il parto.
Invece quando si parla di parto distocico significa che durante questo si utilizzano strumenti che possono velocizzare o agevolare l’espulsione del bambino.
Parto eutocico: le quattro fasi
Insomma con il travaglio eutocico, la mamma non ha bisogno di alcun aiuto per far nascere il bambino in quanto questo viene al mondo spontaneamente. Ovviamente in questo caso non rientra neanche l’induzione al parto, per avere un maggiore quadro sull’argomento c’è un nostro approfondimento su ciò.
Ma vediamo quali sono le quattro fasi del travaglio eutocico:
- Prima fase, detta prodromica o preparatoria: l’utero in questo momento si contrae in modo irregolare fino a diventare sempre più regolari con il passare delle ore. Quando le contrazioni sono preparatorie, come in questo caso, si parla di “contrazioni di Braxton Hicks”, infatti la mamma avverte dolori nella zona sovrapubica. Sempre in questa fase avviene l’espulsione del tappo mucoso, sintomo del fatto che il travaglio stava per iniziare. Quando però si è in presenza di queste contrazioni non è necessario immediatamente recarsi in ospedale, almeno che non ci siano delle indicazioni diverse.
- Seconda fase, detta dilatante. In questo momento il travaglio ha inizio, le contrazioni sono sempre più regolari -avvengono ogni 3-4 minuti-, durano circa 30-40 secondi ed è quindi il momento di recarsi in ospedale. In realtà i medici raccomandano di avviarsi verso l’ospedale quando le contrazioni sono distanti 5 minuti l’una dall’altra, con una durata di 30 secondi ciascuna.
- Terza fase, chiamata espulsiva. Si avvia quando la dilatazione della cervice uterina è completa. In questa fase il bambino compie tutti quei movimenti di cui ha bisogno per venire alla luce e con il parto eutocico tutto viene con grande naturalezza nel giro di 20-30 minuti e l’ora.
- Quarta fase, detta secondamento: dopo l’espulsione del bimbo, viene espulsa anche la placenta. Se dopo un’ora dal parto la mamma non l’ha espulsa naturalmente, toccherà farlo al ginecologo chirurgicamente sedando la paziente con un’anestesia generale.
Può accadere però che durante il travaglio eutocico, il bimbo non riesca ad uscire in modo naturale ed è possibile che il ginecologa sia portato a praticare un’incisione del perineo.
In questo caso si parla di parto eutocico con episiotomia. Quindi per aiutare il bambino ad uscire il ginecologo pratica una piccola incisione sulla parete vaginale e sui muscoli del perineo. Si tende a ricorrere a questa pratica nei momenti di estrema necessità perché potrebbe portare delle conseguenze spiacevoli alla mamma quali: lenta cicatrizzazione, soffrire di incontineza urinaria o fecale.
Per avere una maggiore conoscenza sull’episiotomia c’è un nostro approfondimento che tratta proprio l’argomento.
Travaglio distocico: significato e perché vi si ricorre
Il parto distocico è anche detto parto operativo, in quanto il bimbo non nasce naturalmente perché sono necessari degli strumenti che lo aiutino come il forcipe o la ventosa.
Come si fa a scoprire se è necessario ricorrere a un parto del genere? Già l’ecografia o anche la durata del travaglio stesso possono dare questa indicazione. Di solito questo tipo di travaglio dipende dalla distocia fetale, cioè il bambino è troppo grande rispetto alle dimensioni pelviche oppure ha una posizione anomala.
Anche in questo caso sono due le casistiche da considerare:
- sproporzione feto-pelvica: il parto può avvenire in modo naturale se l’aumento della durata del travaglio ripristina una normale progressione, il peso del feto è inferiore ai 5kg in donne senza diabete o a 4.5 kg in donne con diabete. Se inceve la progressione del parto è più lenta, si valuta quindi di procedere con un parto operativo mediante una ventosa, un forcipe o un parto cesare;
- posizione occipito-posteriore: in questo caso è probabile che si intervenga con un forcipe, una ventosa o con un parto cesareo per evitare di provocare danni al bambino;
- posizione podalica, questa può essere di tre tipi: 1) franca – i fianchi del feto sono flessi e le ginocchia estese; 2) completa – il feto sembra seduto con cosce e ginocchia flesse; 3) piede singola o doppia – una o tutte e due le gambe sono estese e si presentano prima delle natiche.
In questi casi, il rischio è che la testa del bambino si incastri o peggio con la posizione podalica c’è il rischio che il cordone ombelica venga compresso causando un’ipossia fetale. Situazioni che si possono evitare con dei controlli precedenti.
Quindi, come si è visto, la distocia può essere materna o fetale perché dipendente dalla forma del bacino della mamma oppure dalla posizione del bambino.
E voi unimamme eravate a conoscenza di queste differenze tra parto eutocico e distocico?