Una bambinia sarebbe dovuta andare in sposa a 15 anni a un uomo molto più grande di lei: la promessa sposa si è rivolta però al Telefono Azzurro. Dopo anni, arriva la condanna per la madre.
Quanto accaduto a Torino è un fatto raccapricciante, indice di un fenomeno, quello delle “spose bambine” che ancora spopola in alcuni ambienti. La storia di Rachida, però, è anche una storia di coraggio: segregata in casa la ragazzina ha trovato il coraggio di denunciare.
Dopo il processo, questo pomeriggio è arrivata la condanna definitiva per la madre della ragazza, rea di maltrattamenti e di una pratica che da anni si fatica a cancellare: quella di promettere in sposa le proprie figlie a uomini sconosciuti e in là con gli anni.
Oggi, la giovane che è stata allontanata da casa e ha raccontato la sua storia.
Gli avvenimenti legati a questa vicenda non si sono svolti in un villaggio del lontano Medio Oriente o in qualche tribù ancestrale: siamo a Torino dove una ragazzina di 15 anni è stata promessa in sposa ad un uomo più grande di lei.
All’epoca dei fatti, Rachida aveva 15 anni e conduceva una vita normale tra la scuola e le amiche: la vita di una comune ragazzina, tuttavia, è cambiata il giorno in cui la madre l’ha promessa in sposa ad un uomo più grande di lei e sconosciuto.
Secondo la ricostruzione fornita, all’adolescente non sarebbe più stato permesso di incontrare le amiche o di vestirsi come voleva: anche il suo modo di recarsi a scuola era stato modificato e la giovane doveva spostarsi sempre in compagnia di un parente.
Segregata in casa e disperata per il suo futuro, Rachida si è così convinta e, in segreto, ha chiamato il Telefono Azzurro: “Fra tre giorni mi sposo, mia madre mi obbliga“, aveva confessato agli operatori. L’associazione a tutela dei minori ha subito avvertito le autorità, che sono intervenute velocemente.
Dal 1987, Telefono Azzurro è una ONLUS riconosciuta dalle Nazioni Unite che si occupa di tutelare e difendere i diritti dell’infanzia. Gli operatori, dunque si occupano di ascoltare ogni giorno bambini e adolescenti che vivono situazioni di disagio e offre risposte concrete alle loro richieste di aiuto.
La loro linea di ascolto è sempre attiva al numero 1.96.96: il loro è un servizio gratuito disponibile 24 ore al giorno e 7 giorni su 7 per ascoltare le richieste di bambini e ragazzi che ne abbiano bisogno.
Oggi Rachida è maggiorenne e si è costituita parte civile al processo che vede la madre come imputata. Nonostante quanto accaduto, durante il processo, la giovane si è mostrata particolarmente preoccupata per la sentenza che da lì a poco avrebbe condannato la madre.
Giudicata colpevole, la donna è stata condannata a scontare un anno e quattro mesi di detenzione, nonostante i due anni di pena chiesti dal pm Dionigi Tibone.
E voi Unimamme, avete sentito di questa vicenda? Che ne pensate?
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