L’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha preso un’importante decisione riguardo agli anticorpi monoclonali in Italia. Scopriamo meglio cosa sono e a chi sono rivolti?
In seguito ad una riunione durata un intero pomeriggio, si è deciso di concedere l’autorizzazione agli anticorpi monoclonali, in Italia.
Il via libera riguarda due anticorpi monoclonali, quelli prodotti da Regeneron e da Eli Lilly, ed è stato previsto con le limitazioni stabilite dalla legge 648/1996 in cui è prevista l’autorizzazione all’utilizzo di medicinali in via sperimentale, impiegati in altri Paesi, nel caso in cui non vi sia un’alternativa terapeutica valida. Il Comitato Tecnico Scientifico, peraltro, ha previsto limitazioni che sono in linea con quelle previste da altri paese come il Canada e gli Stati Uniti.
Tra l’altro anche Trump è stato curato con un cocktail di anticorpi monoclonali.
Gli anticorpi monoclonali non sono altro che anticorpi sintetici, ossia anticorpi creati in laboratorio. Questi sono prodotti sulla base di quelli prodotti naturalmente, da parte dei pazienti che già sono immuni al Covid-19. Di conseguenza, a questi anticorpi sintetici è insegnato a generare anticorpi migliori per riuscire a combattere la malattia, in questo caso il coronavius. Questi anticorpi si chiamano monoclonali perché la loro produzione avviene da un solo tipo di cellula immunitaria.
Giuseppe Novelli, genetista presso l’Università Tor Vergata di Roma, ha fatto sapere che gli anticorpi monoclonali sono dei farmaci molto precisi e intelligenti che, al momento, costituiscono l’unica arma contro il coronavirus.
Gli anticorpi monoclonali sono meglio conosciuti anche come “farmaci biologici“, impiegati in malattie come l’artrite reumatoide o nei tumori.
In altre parole, si tratta dei medesimi anticorpi che vengono prodotti nel momento in cui contraiamo una malattia o effettuiamo il vaccino, con l’unica differenza che sono già pronti. Questi, infatti, vengono utilizzati senza stimolare le cellule immunitarie, fornendo loro una memoria per produzioni future, allo stesso modo come avviene per il vaccino.
Gli anticorpi monoclonali andranno utilizzati sulle persone molto fragili e che il Covid 19 può colpire in maniera più aggressiva.
La loro somministrazione va effettuata nei primi giorni dell’infezione, altrimenti non hanno nessuna efficacia. Gli anticorpi monoclonali, infatti, non prevengono l’infezione del Covid, ma ne arrestano lo sviluppo.
Per quanto riguarda il costo di questi anticorpi, è molto elevato. Si parla, infatti, di mille euro per ogni dose, fortunatamente, in Italia, è lo Stato a pagare. Negli Stati Uniti, invece, il costo è interamente a spese del paziente.
Si tratta di una decisione molto attesa da parte degli addetti ai lavori, dal momento che consentirà la conclusione della campagna vaccinale, riuscendo a sostenere i pazienti che di volta in volta contrarranno il virus.
È proprio a questo che servono gli anticorpi monoclonali, secondo il presidente della Federazione degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, che, non a caso, ha definito quella di queste ore “un’ottima notizia“. Non solo, secondo Anelli, ancor più positiva è la notizia che sarà sovvenzionata la ricerca rivolta allo sviluppo di anticorpi monoclonali italiani come anche la ricerca indipendente della stessa Aifa.
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Così come ha spiegato sempre Giuseppe Novelli, , “Con le dosi di vaccino che tardano ad arrivare, le categorie e gli ambienti più a rischio potrebbero trovare negli anticorpi monoclonali la protezione contro il Covid di cui hanno bisogno“.
Questo tipo di anticorpi, però, durano un paio di mesi, perciò, il trattamento va ripetuto ciclicamente.
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Novelli ha poi tenuto a precisare che, trattandosi di farmaci, la loro funzione è soprattutto curare, precisando che: “La percentuale di successo nella cura dipende da vari fattori“.
Una delle tante funzioni più importanti secondo quest’ultimo, poi, è che questi anticorpi svolgono anche una funzione di protezione. Ciò significa che, le persone che sono più a rischio potrebbero utilizzarli per una protezione di tipo provvisorio. Questo caso potrebbe essere rappresentato dai pazienti delle Rsa che, come spiega Giuseppe Novelli “potrebbero ricevere una sorta di protezione in questi mesi di ritardo nell’approvvigionamento delle dosi di vaccino“.
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