Pedofilia, la condanna più grave mai data in Italia: pena durissima per un cinquantenne che si faceva chiamare “cattivissima Giulia”.
Per molti, forse, sarà una pena troppo bassa ma quella che si è vista comminare un pedofilo dal Tribunale di Lodi è una delle condanne più gravi mai inflitte finora in Italia. Un caso destinato a fare scuola.
Il pedofilo in questione è un cinquantenne di Codogno, la cittadina lombarda in provincia di Lodi, divenuta tristemente famosa in tutta Italia come primo focolaio ufficiale del Coronavirus. Di Codogno, infatti, era il paziente 1, il primo caso autoctono del virus ufficialmente registrato in Italia, anche se non realmente il primo.
In questo caso, però, la cittadina è tornata sulle cronache nazionali per fatti che si possono definire ben più gravi. Perché non legati a un fatto accidentale, per quanto drammatico, come può essere la diffusione del virus, ma agli abusi e violenze sessuali su ragazzine compiuti da un uomo senza scrupoli. Ecco che cosa è successo.
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Il pedofilo cinquantenne di Codogno è stato riconosciuto responsabile di gravi abusi sessuali nei confronti di ragazzine che avevano poco meno di 14 anni. I fatti risalgono agli anni 2017 e 2018. L’uomo aveva adescato le ragazzine tramite Whatsapp, fingendosi una loro coetanea e usando un nome di copertura, “cattivissima Giulia“.
Il cinquantenne aveva convinto le ragazzine ad andare a casa sua con la scusa dell’interesse comune per i gattini. Una volta attratte le poco più che bambine in casa, mostrava le sue reali intenzioni. Le ragazzine sono state costrette a rapporti sessuali promiscui, ripresi con un telefono cellulare. Per questo, oltre che per violenza sessuale, il pedofilo è stato accusato anche di produzione e detenzione di materiale pedopornografico.
Impressionante la descrizione del pedofilo e della sua condotta nelle motivazioni della sentenza di condanna del Tribunale di Lodi, che lo ha definito una personalità “malvagia, priva di scrupoli, costantemente tesa al soddisfacimento delle proprie pulsioni sessuali, priva di qualsivoglia spirito di umanità nei confronti della sofferenza delle ragazzine di cui aveva abusato“. Come riporta l’agenzia Agi.
Il Tribunale ha condannato l’uomo, lo scorso 6 ottobre, a 19 anni di reclusione per i reati di violenza sessuale, corruzione di minore e sostituzione di persona. Si tratta di una delle pene più alte mai inflitte in Italia per questo tipo di reati.
L’uomo, inoltre, è stato condannato al risarcimento dei danni nei confronti delle vittime: una ragazzina dovrà essere risarcita con 70mila euro e le altre due con 15mila euro ciascuna. Denaro che forse le vittime e le loro famiglie non vedranno, dato che il pedofilo risulta nullatenente. È importante, comunque, che il risarcimento dei danni sia stato riconosciuto.
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La cosa ancora più grave è che l’uomo dopo aver abusato delle ragazzine ha provato a sostenere che fossero consenzienti. Mentre ha tentato di giustificare i suoi atti, attribuendoli a disturbi di natura psicologica, come agorafobia e claustrofobia. Problemi che potranno pure essere reali ma che difficilmente inducono chi ne soffre ad abusare sessualmente di persone indifese. Semmai chi ne soffre è spaventato e chiede aiuto.
Giustificazioni che sono state respinte nettamente dai giudici che hanno dichiarato inaccettabile la tesi difensiva dell’imputato. “Oltre a non essere emerso che i fatti siano stati commessi in presenza di qualche causa di giustificazione o non punibilità“, hanno spiegato i giudici, quindi ritenendo “insussistenti le patologie psichiche“, “non sono emersi in dibattimento elementi che possano portare alla concessione delle attenuanti generiche: in particolare non è stato mostrato segno alcuno di resipiscenza e la collaborazione processuale non è giunta nemmeno all’ammissione delle condotte documentalmente provate“.
Non solo il pedofilo non ha riconosciuto la responsabilità delle proprie condotte, ma non le ha ammesse nemmeno davanti alle prove. Al contrario, ha cercato in tutti i modi di dare la colpa alle sue vittime. “C’è stato un continuo riversare le responsabilità in capo alle minori, dipinte come depravate e provocatrici“. Hanno spiegato ancora i giudici nelle motivazioni della sentenza. Secondo il Tribunale di Lodi l’uomo ha portato avanti un disegno criminoso con “malvagia e astuzia“. Tutt’altro che una vittima dei propri disturbi psicologici.
Il pedofilo era stato arrestato a giugno del 2019 e poi, dopo più di un anno, tra indagini e processo di primo grado, è stato condannato il 6 ottobre 2020. Gli investigatori, coordinati dalla Pm do Milano Alessia Menegazzo, erano risaliti all’uomo attraverso il falso account di Whatsapp.
Si tratta di una vicenda sconvolgente per come è stata descritta dai giudici, che lascerà un grave trauma nelle giovani vittime. Allo stesso tempo, però, è un passo importante per la giustizia, grazie alla condanna a pene finalmente severe per gli abusi e le violenze sessuali nei confronti dei minori.
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Che dire unimamme di questa vicenda? Anche da noi in Italia cominciano ad essere puniti in modo più severo certi crimini orribili.
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