Una collega e il papà di un bimbo che frequentava la struttura privata si sono macchiati del reato di diffusione delle foto hard di una maestra d’asilo. Ecco le condanne avanzate dalla Procura di Torino
La Procura di Torino ha avanzato le condanne per punire la condotta di una maestra d’asilo e del padre di un bambino per aver violato il diritto alla riservatezza di una educatrice che lavorava nell’asilo privato. Non si tratta della prima vittima del reato di Revenge porn che, negli ultimi anni, sta diventando una vera e propria piaga sociale.
La vicenda risale a diverso tempo fa, quando una giovane maestra d’asilo, di 28 anni, mandò delle immagini private al suo, ormai, ex compagno che, invece di tenerle per sé, cominciò a condividerle nella chat del calcetto. Scoperta la chat, la moglie di uno dei compagni riconosce la maestra dell’asilo frequentato dal figlio e decide di inviare le immagini anche alle altri madri. Non solo, la donna, decide anche di chiamare la maestra intimandole di non denunciare l’uomo, suo amico, altrimenti avrebbe informato la direttrice dell’asilo. La maestra non si lascia intimidire e denuncia il suo compagno di allora con il risultato che la madre dell’alunno, va dalla dirigente che, a sua volta, decide di licenziarla. Ad ogni modo, vi avevamo accuratamente parlato della vicenda qualche tempo fa.
I due imputati sono stati condannati ad otto mesi di reclusione per aver violato il diritto alla riservatezza. Per l’accusa, infatti, si sarebbero macchiati del reato di diffusione delle immagini private della giovane donna, immagini messe in rete dal suo ex compagno.
Questa la richiesta di condanna presentata dalla Procura di Torino nei confronti di un uomo e una donna nel processo sul caso della maestra d’asilo licenziata in seguito alla circolazione, tra le mamme degli alunni e le educatrici, di alcune immagini osé.
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A finire sul banco degli imputati, sono stati il papà di un bambino che frequentava la struttura e una collega della maestra. Secondo la procura, infatti, gli scatti erano stati condivisi dal papà dell’alunno con la moglie per mettere in luce le condotte “improprie” della donna.
Le immagini private sarebbero arrivate, poi, ad altri genitori e, infine, ad una collega che ha deciso di mostrarle alla direttrice della struttura, causando il licenziamento della maestra d’asilo.
Parallelamente, ad essere imputati, ma in un processo diverso, sono anche la moglie dell’imputato nel processo appena citato, e la direttrice dell’asilo privato che avrebbe costretto la maestra ad accettare le dimissioni.
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Nel processo in questione, inoltre, il magistrato ha avanzato una richiesta di condanna a 14 mesi per la direttrice dell’asilo e di 12 mesi per la mamma che avrebbe contribuito all’ulteriore diffusione degli scatti hard.
Si tratta di un passo importante per una maggiore giustizia per le vittime di questi reati. E’ importante, infatti, che grazie a queste pene, i colpevoli del reato di Revenge porn siano condannati così come i colpevoli della diffusione delle foto hard della maestra d’asilo.
Con la nuova legge n. 69 del 19 luglio 2019, è stato introdotto il reato di Revenge Porn, con il quale viene punita la diffusione contro volontà, di immagini o di video hard. Non solo, si prevede la stessa pena per chi ha diffuso il materiale e per chi, entrato in possesso di questi contenuti privati, agisce promuovendo la loro diffusione, non denunciando il comportamento lesivo.
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Oggi, infatti, chi si macchia del reato di Revenge porn può andare incontro fino a 6 anni di carcere e a multe salate, fino a 15mila euro. Non solo, le pene sono più severe se a rendersi autore del reato è il partner o anche un ex, prevedendo pene ancor più severe se, a compierlo, è il coniuge, anche separato o divorziato. Qualche tempo fa, comunque, vi avevamo già dato tutte le informazioni relative alla nuova legge sul Revenge porn.
Unimamme cosa ne pensate delle condanne chieste dalla Procura di Torino? Finalmente sembra che, anche in Italia, cominciano ad essere chieste condanne proporzionate a reati così lesivi della dignità e del diritto alla riservatezza.
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