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Covid: la classifica dei luoghi più a rischio d’infezione

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valeria bellagamba

Covid: quali sono i luoghi più a rischio d’infezione secondo un recente studio.

Con il passare del tempo gli scienziati scoprono nuove caratteristiche del Covid-19, la malattia causata dal nuovo Coronavirus Sars-CoV-2. Questo permette di capire meglio le modalità di contagio del virus e come si comporta in particolari circostanze. Conoscenze utili per prevenirlo ed evitare di contrarre la malattia.

Recentemente uno studio internazionale ha scoperto cosa può determinare la gravità di Covid-19.

Ora, alcuni studi si concentrano sui luoghi di maggior rischio per la trasmissione del virus. Sappiamo, infatti, che negli ambienti chiusi e poco ventilati il Coronavirus si trasmette con facilità, non solo per le goccioline di saliva (droplets) che passano da una persona all’altra ma anche per aerosol, goccioline più piccole che rimangono sospese nell’aria e favoriscono la trasmissione per via aerea (airbone spread). Come qualche mese fa hanno riconosciuto i CDC – Centers for Disease Control and Prevention americani.

Studi, modelli e simulazioni ci hanno mostrato come si diffonde il virus in un ambiente chiuso e in luoghi specifici come casa, scuola e ristorante.

Tra tutti gli ambienti al coperto, quali favoriscono di più la trasmissione del Coronavirus, in base alle loro caratteristiche e al tipo di frequentazione dei suoi avventori, e dunque sono più a rischio? Ha provato a rispondere a questa domanda uno studio tedesco.


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Covid: la classifica dei luoghi più a rischio d’infezione

Durante l’inverno frequentiamo abitualmente ambienti chiusi che a causa del freddo sono poco ventilati, perché le finestre rimangono chiuse. Una situazione che favorisce la diffusione dei virus che si trasmettono per via aerea, come il Coronavirus e prima ancora l’influenza, i raffreddori e altri virus respiratori. Raffreddori e soprattutto l’influenza in questa stagione invernale sono stati rari, grazie alle misure di prevenzione per il Coronavirus: distanziamento, mascherine, igiene delle mani e locali pubblici chiusi o con frequentatori contingentati.

Per il Coronavirus, tuttavia, queste misure non sono bastate a causa della sua elevata contagiosità e probabilmente anche per la trasmissione via aerosol.

Poiché staremo ancora del tempo al chiuso, anche se molti locali pubblici non hanno ancora riaperto, è importante conoscere in quali ambienti è più facile la trasmissione del virus e dunque ci si infetta di più.

Uno studio della Technischen Universität di Berlino, pubblicato sul quotidiano Tagesspiegel, ha scoperto quali sono i luoghi al chiuso più a rischio di contagio.

Per stabilire il livello di rischio nei diversi ambienti, il professor Martin Kriegel, esperto di ventilazione, ha studiato come si comportano le particelle infette nell’aria. Analizzando se e quando cadono a terra, a quale velocità di diffondono, se rimangono sospese nell’aria e dove sedimentano. Poi ha ricavato il valore R del contagio correlato alla situazione, utilizzando il modello di rischio di infezione sviluppato dalla Technischen Universität di Berlino insieme al Robert Koch Institut e all’ospedale universitario della Charité di Berlino.

Quando il valore è R di 1 significa che, in una determinata situazione o in una stanza, una persona infetta ne contagia un’altra.

Per calcolare il valore R, il professor Kriegel ha tenuto conto, tra le altre cose, di:

  • permanenza nel locale,
  • flusso d’aria
  • tipo di attività svolta al suo interno (ad esempio, stare seduti o sdraiati, fare esercizio fisico, parlare poco o molto).

Per il rischio di infezione è determinante la quantità di particelle di aerosol inalata. Altri elementi decisivi sono l’attività respiratoria (sorgente e ricevente) e il tempo trascorso nella stanza.


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Nello studio, Kriegel ha ipotizzato il rispetto delle regole di prevenzione, in particolare il distanziamento e la ventilazione dell’ambiente. Inoltre, è stato ipotizzato l’impiego di una mascherina con efficacia filtrante del 50%, considerando le emissioni ridotte provenienti da una persona infetta e l’inalazione da parte di una persona sana.

Posti questi elementi di partenza, lo studio dell’Università Tecnica di Berlino ha scoperto in quali ambienti chiusi è maggiore il rischio di contagio.

Partiamo dal meno rischioso al più rischioso:

Teatro. Durante uno spettacolo della durata di due ore a teatro, con una occupazione della sala al 30% e l’obbligo di mascherina anche da seduti, il rischio di infezione è la metà di quello del supermercato, con un valore R di 0,5.

Parrucchiere. Una seduta dal parrucchiere della durata di due ore, indossando la mascherina, ha un rischio molto basso, con valore R di 0,6.

Supermercato. I ricercatori hanno stabilito che in un supermercato in cui è richiesto l’uso della mascherina,  la permanenza è di circa un’ora e l’attività fisica leggera, parlando poco, il valore di contagio è R 1.

Cinema. In un cinema con solo il 30% dei posti occupati per una permanenza di due ore, il valore R è 1.

Ristorante. Andare in un ristorante con solo la metà dei posti a sedere disponibili, per 1 ora e mezza, il valore R è 2,3.

Palestra. Fare attività fisica per circa 1 ora e mezza in una  palestra occupata al 50%, e senza mascherina, ha un rischio di contagio con valore R 3,4. Significa che se in palestra c’è una persona infetta questa può contagiare con il Coronavirus quasi tre persone e mezza.

Scuola superiore. Nelle aule di una scuola superiore occupate dagli studenti al 50%, con obbligo di mascherina e una permanenza di sei ore, il valore R è 2,9, ovvero una persona ne può contagiare quasi tre, mentre senza l’uso della mascherina è il doppio, 5,8.

Ufficio. Più rischioso di tutti. In un ufficio frequentato da più persone, con una occupazione ridotta al 50%, una permanenza di 8 ore e nessun obbligo di mascherina, il valore R è 8, ovvero una persona infetta può contagiare fino a un massimo di altre 8 persone.

La conclusione è che le persone sono esposte a un maggiore rischio di contagio negli uffici e nelle scuole rispetto al teatro o al parrucchiere, purché siano rispettate le regole di igiene, la distanza e la ventilazione.

Secondo il professor Kriegel il fattore decisivo è la durata della permanenza in un luogo. “Tra otto ore di lavoro e due di cinema c’è una grande differenza. Più a lungo si rimane in una stanza, maggiore è la quantità di particelle di aerosol che viene inalata“, ha spiegato l’esperto. “E sopra una certa quantità c’è l’infezione“.


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Che ne pensate unimamme di questa scoperta? Ve lo sareste immaginato?

valeria bellagamba

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