Coronavirus, la variante inglese è più letale secondo uno studio scientifico. Cosa bisogna sapere.
Nell’infinita emergenza Coronavirus, con le vaccinazioni che hanno subito un rallentamento a causa di una riduzione delle dosi consegnate, la situazione si complica a causa delle varianti del virus.
Sono le varianti inglese, brasiliana e sudafricana e stanno togliendo al sonno agli scienziati. Perché se dovessero prendere il sopravvento si rischia una nuova forte impennata dei contagi, con le conseguenze che tutti ormai conosciamo: ospedali saturi e numero elevato di morti giornalieri. Mentre la campagna vaccinale verrebbe messa a rischio.
Ora, le ultime notizie che arrivano su queste varianti del virus non sono affatto incoraggianti. La variante inglese sarebbe non solo più contagiosa ma anche più letale, mentre quella brasiliana e quella sudafricana potrebbero compromettere l’efficacia dei vaccini anti-Covid.
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Mentre la variante inglese del nuovo Coronavirus Sars-CoV-2 si diffonde in Italia, in particolare tra i bambini e nelle Regioni centrali, dove sono state istituite delle zone rosse a livello comunale e provinciale, purtroppo i dati scientifici ci comunicano che è anche più letale.
Un recente studio scientifico internazionale, commissionato dal presidente Usa Joe Biden, dalla cancelliera Angela Merkel, dal premier britannico Boris Johnson e dal presidente francese Emmanuel Macron, avrebbe accertato che la variante inglese B.1.1.7 del Coronavirus causa un numero più elevato di decessi. La letalità sarebbe tra il 20% e 30% maggiore. Lo studio è riportato da Il Fatto Quotidiano, che cita La Stampa.
La ricerca si basa sui dati raccolti nel Regno Unito, dove la variante inglese è nata, per poi diffondersi anche al resto d’Europa.
Si sapeva che era più contagiosa, fino al 50% in più della versione più vecchia e diffusa del virus, senza varianti significative. Ora, purtroppo, arriva la notizia della sua maggiore letalità, ovvero del numero maggiore di morti tra i contagiati. La variante aumenta anche il rischio di ricovero in ospedale, dunque la gravità della malattia.
Brutte notizie riguardano anche le altre varianti. Quella brasiliana non darebbe immunità, dunque favorirebbe la reinfezione anche dopo aver contratto il Covid, come è accaduto Manaus, in Brasile, città dell’Amazzonia duramente colpita sia dalla prima che dalla seconda ondata dell’epidemia.
Invece la variante sudafricana ridurrebbe l’efficacia del vaccino AstraZeneca, motivo per cui il Sudafrica ha sospeso la somministrazione di questo vaccino.
Sono problemi che stanno seriamente preoccupando i governi e che potrebbero obbligarli a introdurre nuove chiusure. Già chieste da alcuni esperti in Italia, come Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, e il microbiologo Andrea Cristanti. Entrambi hanno evidenziato la necessità di un lockdown in Italia, scatenando molte polemiche.
“C’è una situazione epidemiologica grave… incompatibile con gli assembramenti e pericolosa per l’arrivo di queste varianti, che sono molto insidiose, sia dal punto di vista della contagiosità che anche purtroppo della letalità e anche della capacità di sfuggire al vaccino, come per la variante sudafricana per AstraZeneca”, ha detto Ricciardi a RaiNews24, sottolineando la necessità di “scegliere una strategia di aggressione nei confronti del virus e non di inseguimento“.
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Ora, la richiesta di un rafforzamento delle misure arriva anche dall’Istituto Superiore di Sanità, a seguito dell’indagine sulla circolazione della variante inglese in Italia,.
A causa della circolazione della variante inglese in diverse zone d’Italia, l’ISS “raccomanda di intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione della variante VOC 202012/0, rafforzando/innalzando le misure in tutto il Paese e modulandole ulteriormente laddove più elevata è la circolazione, inibendo in ogni caso ulteriori rilasci delle attuali misure in atto“. Niente allentamenti delle restrizioni, dunque, anzi è necessario aumentarle, afferma l’Istituto Superiore di Sanità nello studio di prevalenza della variante VOC 202012/01, lineage B.1.1.7 (Regno Unito), in Italia, relativo alla indagine del 4-5 febbraio.
“Nel contesto italiano – spiega l’ISS -, in cui la vaccinazione delle categorie di popolazione più fragile sta procedendo rapidamente ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguate“.
A livello nazionale la prevalenza della variante inglese del virus Sars-CoV-2 è pari a 17,8%, come emerge dai risultati preliminari dell’indagine condotta dall’ISS e dal Ministero della Salute, insieme ai laboratori regionali. I risultati confermano che anche nel nostro Paese è presente una circolazione sostenuta di questa variante del virus, che probabilmente è destinata a diventare quella prevalente nei prossimi mesi. Come aveva già anticipato nei giorni scorsi il presidente dell’ISS Silvio Brusaferro.
Comunque, la diffusione della variante inglese non è omogenea sul territorio nazionale. È stata identificata nell’88% delle Regioni e Province Autonome partecipanti all’indagine (16 Regioni, più una che invierà i dati nei prossimi giorni, mentre un’altra Regione ha le analisi ancora in corso) e presenta ampie variabilità di prevalenza: si va dallo 0 al 59%.
Una situazione che, secondo l’ISS, dimostra una diversa maturità della sub-epidemia, dovuta probabilmente a differenze nella data di introduzione della variante sul territorio. Queste differenze si appiattiranno nel corso del tempo, prevede l’ISS.
La situazione italiana è analoga a quella di altri Paesi in Europa. In Francia la prevalenza della variante inglese è del 20-25%, in Germania è sopra il 20%.
La relazione tecnica dell’ISS della prima indagine sulla variante inglese: www.iss.it/web/guest/primo-piano/-/asset_publisher/3f4alMwzN1Z7/content/id/5624099
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