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Nuove varianti del Coronavirus: i dati dell’indagine ISS sulla prevalenza

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valeria bellagamba

Varianti del Coronavirus: nuova indagine dell’ISS sulla prevalenza. Le ultime analisi.

(Studio sulla variante inglese B117 del Coronavirus in Germania. Foto di Morris MacMatzen/Getty Images)

L’epidemia di Coronavirus è tornata a risalire in modo preoccupante in Italia. Siamo alla terza ondata, arrivata all’inizio della campagna vaccinale e condizionata dalle nuove varianti del virus molto più contagiose.

La variante detta inglese è quella più diffusa e che al momento preoccupa maggiormente gli epidemiologi. Ha una contagiosità più elevata della versione del virus finora circolata in Italia e colpisce soprattutto i bambini e i ragazzi in età scolare. Una circostanza che, con l’aumento dei casi nelle scuole, ha portato alla chiusura di diversi istituti in Comuni, Province e Regioni.

Ora, il nuovo Dpcm di Mario Draghi introduce direttamente chiusure “automatiche“: inasprisce le regole della zona rossa, con la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado (non più solo delle superiori e terze classe delle medie), e dà facoltà alle Regioni di chiudere le scuole in caso di rischio elevato o quando i contagi superano i 250 ogni 100 mila abitanti in 7 giorni, a prescindere dal colore delle zone.

Quanto è contagiosa questa variante inglese e qual è al momento la sua prevalenza in Italia? A queste domande rispondono le stime dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), del Ministero della Salute e della Fondazione Bruno Kessler.


LEGGI ANCHE: COVID, L’INCIDENZA DEI CONTAGI TRA I PIÙ GIOVANI, LO STUDIO


Varianti del Coronavirus: nuova indagine dell’ISS

Poche settimane fa gli esperti avevano annunciato che la variante inglese del virus Sars-CoV-2, la cui denominazione scientifica è VOC 202012/01 (dove VOC sta per Variant of Concern) o lineage B.1.1.7-Regno Unito, sarebbe diventata quella prevalente in Italia. Ed è quello che sta accadendo.

Questa variante del Coronavirus ha una trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti, con una grande incertezza statistica che va dal 18% a punte del 60%. La maggiore trasmissibilità di questa variante si traduce in un maggior numero assoluto di infezioni, determinando così un aumento del numero di casi gravi. La stima è ottenuta da uno studio condotto da ISS, Ministero della Salute e Fondazione Kessler. Lo segnala il Ministero della Salute in un aggiornamento delle FAQ sulle varianti di Sars-CoV-2.

Ora, sempre l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute, in collaborazione con i laboratori regionali e la Fondazione Bruno Kessler, hanno pubblicato la seconda indagine sulla prevalenza delle varianti del virus Sars-CoV-2. La prima indagine era uscita a metà febbraio e si riferiva ai dati di inizio mese.

Si tratta di una nuova “flash survey” che stima la prevalenza in Italia delle tre varianti al momento più preoccupanti:

  • inglese,
  • brasiliana
  • e sudafricana.

Il nome viene dal Paese dove per la prima volta sono state scoperte.

Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus, secondo le modalità descritte nella circolare del Ministero della Salute dello scorso 17 febbraio. Il campione richiesto è stato scelto dalle Regioni e Province autonome in maniera casuale fra i campioni positivi, garantendo una certa rappresentatività geografica e se possibile per fasce di età diverse.

In totale, hanno partecipato all’indagine le 21 Regioni e Province autonome e complessivamente 101 laboratori. Sono stati effettuati 1296 sequenziamenti. Sono stati presi in considerazione i campioni positivi notificati il 18 febbraio.

La prevalenza delle varianti del virus in Italia

L’indagine breve dell’ISS ha rilevato che in Italia, alla data del 18 febbraio, la prevalenza delle varianti del virus Sars-CoV-2 era:

  • la variante inglese B.1.1.7 era al 54,0%, con valori oscillanti tra le singole regioni tra lo 0% e il 93,3%,
  • quella brasiliana P1 era al 4,3%, con valori oscillanti da 0% a 36,2%,
  • variante sudafricana 501.V2 o lineage B.1.351 era allo 0,4%, con valori oscillanti tra lo 0% e il 2,9%.

Su 3132 casi con infezione da virus SARS-CoV-2, confermata con tampone RT PCR, sono stati effettuati 1296 sequenziamenti del gene S (Spike), di questi:

  • a) 658 infezioni sono risultate riconducibili alla variante inglese B.1.1.7,
  • b) 62 infezioni sono risultate riconducibili alla variante brasiliana P1,
  • c) 6 infezioni sono risultate riconducibili alla variante brasiliana 501.V2.

 

La tabella con la diffusione e la prevalenza delle varianti del virus nelle Regioni e Province autonome italiane (clicca sull’immagine per ingrandirla).

Fonte: Istituto Superiore di Sanità

Dall’indagine rapida è emerso che la variante inglese B.1.1.7 sta diventando quella prevalente in Italia. In considerazione della sua maggiore trasmissibilità, l’Istituto Superiore di Sanità ribadisce che occorre rafforzare/innalzare le misure di mitigazione in tutto il Paese nel contenere e ridurre la diffusione del virus. È necessario mantenere o riportare rapidamente i valori di Rt a <1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi.

Dai dati, si legge nel rapporto, emerge una chiara espansione geografica dall’epicentro umbro a regioni quali Lazio e Toscana della cosiddetta variante brasiliana P1. Questa variante deve essere contrastata con le massime misure di mitigazione. Sottolinea ancora l’ISS.

Se volete potete approfondire sul documento completo dell’indagine rapida sulle varianti del Coronavirus sul sito dell’ISS .


LEGGI ANCHE: COVID, I GIORNI DI SCUOLA PERSI A CAUSA DELLA PANDEMIA


Che ne pensate unimamme di questi dati? Vi preoccupano le nuove varianti?

valeria bellagamba

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