Ripartire dalla scuola, dopo la pandemia, le parole del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
Sono giorni tristi e difficili per tanti bambini e ragazzi e le loro famiglie. Le scuole hanno chiuso le loro porte alle lezioni in presenza in molte Regioni e Province, riportandoci quasi a un anno fa. Nemmeno lo scorso autunno, durante la seconda ondata dei contagi, c’erano state chiusure così diffuse e soprattutto riguardanti anche scuole elementari e medie. Eccetto per alcune Regioni, come la Campania e la Puglia, che avevano chiuso più scuole e più a lungo, già dallo scorso autunno.
La preoccupazione ora è per le nuove varianti del coronavirus che sono più contagiose e colpiscono soprattutto bambini e ragazzi in età scolare, come hanno stabilito diverse indagini epidemiologiche. In molte zone, dove l’incidenza dei contagi era già elevatissima, è stato inevitabile chiudere tutte le scuole di ogni ordine e grado e tornare alla didattica a distanza.
Lo scenario che si profila in questo momento mentre siamo all’inizio della terza ondata è quello della chiusura delle scuole su tutto il territorio nazionale. Un’ipotesi che, stando alle indiscrezioni di stampa, il governo starebbe vagliando a seguito degli allarmi lanciati dagli esperti e dalla richiesta di maggiori misure di contenimento da parte del Comitato tecnico scientifico.
È stata ipotizzata anche la possibilità di un lockdown nazionale, con la contemporanea accelerazione della campagna vaccinale. Tutto chiuso e tutti a farsi vaccinare. Ma è appunto solo un’ipotesi che in primo luogo si scontra con le forniture dei vaccini. Al di là di qualche disguido o disorganizzazione di alcune Regioni, la campagna vaccinale in Italia è prima di tutto condizionata dalle forniture. Senza quantità adeguate non si possono vaccinare più di tante persone.
Intanto, gli studenti sono tornati a fare lezione davanti a uno schermo. Se questo sacrificio delle lezioni in presenza e della socialità con i compagni si è reso necessario, bisogna già adesso pensare al dopo. Perché la mancanza delle lezioni in presenza, per quanto in parte compensata dalla dad, avrà le sue conseguenze negative a lungo.
Occorre ripensare la scuola e darle maggiore centralità nella società, non solo nella vita dei ragazzi. Una visione che sembra essere condivisa dal nuovo ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
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Ripartire dalla scuola, dopo la pandemia, le parole del ministro Bianchi
Nonostante il ritorno degli studenti alla didattica a distanza nelle ultime settimane, il ministro dell’Istruzione Bianchi aveva affermato: “La scuola non chiude, non ha mai chiuso… gli insegnanti sono sempre stati presenti“. Il ministro aveva anche sottolineato sulla dad: “Non è didattica a distanza ma di avvicinamento e la facciamo solo in situazioni estreme. Ora dobbiamo passare la piena“.
Oggi, partecipando incontro promosso dall’associazione “Con i Bambini“, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, il ministro Bianchi è tornato sul tema della chiusura delle scuole e sul loro futuro.
“I nostri ragazzi stanno affrontando oggi una condizione che forse i loro bisnonni hanno trovato“, ha detto Bianchi nel suo intervento. “Stiamo uscendo, siamo all’ultima curva… siamo nella situazione più difficile perché siamo estenuati – ha spiegato – ma non possiamo permetterci di non essere presenti. Abbiamo un Paese da ricostruire, che deve avere al suo centro la scuola e i bambini. Non solo una grande impresa sociale ma una grande impresa civica“.
La funzione civica della scuola con i bambini “è un punto di riferimento per tutti in questo Paese“, ha ribadito il ministro dell’Istruzione nel video del suo intervento.
“La pandemia ha esasperato le situazioni, ma le diversità c’erano anche prima, le diseguaglianze c’erano anche prima. Oggi sono insostenibili, un Paese che ha il più alto tasso di dispersione d’Europa, la più alta differenza fra territori dello stesso Paese“. Ha continuato Bianchi, parlando anche di “dispersione implicita” che ha innescato un “meccanismo di povertà educativa che nasceva dalla povertà materiale ma reiterava e condannava alla povertà materiale“.
“Noi dobbiamo spezzare questo circuito infame“, ha sottolineato Bianchi, “bisogna costruire la comunità, una comunità educante, bisogna fare un patto di comunità tra tutti coloro che assumono la responsabilità di costruire una comunità civile“.
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Secondo il ministro dell’Istruzione bisogna dare concretezza a quello che per lui è sempre stato il suo personale punto di riferimento, che è l’articolo 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti delle persone che sono inviolabili. Ma questo richiede da parte di tutti l’inderogabile dovere della solidarietà“. Una “solidarietà competente, capace, organizzata, strutturata“, ha sottolineato Bianchi.
Il ministro dell’Istruzione ha evidenziato che l‘Italia è un Paese con troppe diseguaglianze: “diseguaglianze di genere che non sono accettabili e diseguaglianze di territorio che non sono sostenibili. Ci sono anche delle diseguaglianze sociali che se non siamo in grado di interrompere minano la nostra democrazia“, ha avvertito il ministro.
“L’emergenza della pandemia ha messo in evidenza una emergenza di aree di fragilità che erano presenti e che sono state esasperate“, dove è necessario agire, ha spiegato ancora Bianchi. Servono non solo interventi materiali ma anche di partecipazione collettiva.
“Anche se questo è un momento durissimo, può essere superato soltanto lavorando insieme con la dignità di tutti“, ha ribadito Bianchi. “Non ci sono gruppi o persone che hanno diritto più degli altri“. Tra questi diritti c’è “la scuola che non è un accessorio né un diritto formale“. Ha concluso il ministro.
L’auspicio è che queste parole si realizzino in atti concreti, misure reali e investimenti sulla scuola pubblica. Perché ben prima della pandemia, le organizzazioni a tutela dell’infanzia come Save the Children avevano già denunciato le disuguaglianze nella scuola italiana, disparità tra studenti dovute al reddito familiare e alla zona di residenza che contribuiscono alla povertà educativa insieme a quella economica di tanti bambini e ragazzi in Italia.
Che ne pensate unimamme delle parole del nuovo ministro dell’Istruzione? Siete d’accordo? Quali sono i provvedimenti necessari per la scuola secondo voi?