Cosa prevede il piano che il nuovo Governo sta valutando per estendere anche all’uomo la possibilità di andare in pensione a 58 anni.
La pensione è la meta più agognata per quasi tutti i lavoratori: dopo decenni di impegno quotidiano, orari da rispettare, incombenze più o meno gravose, finalmente arriva il momento di dare sfogo ai propri hobby e alle proprie passioni. Che siano i viaggi, lo shopping, la lettura, il ballo, dal momento in cui si va in pensione, sarà possibile dedicarsi a tutte quelle attività trascurate negli anni per mancanza di tempo.
Di recente si è parlato anche della possibilità, per alcune categorie di lavoratori, di smettere di lavorare a 55 anni. Più in generale, il tema attira sempre l’attenzione di tutti e la legge Fornero, col suo limite fissato a 67 anni, ha rappresentato per lungo tempo uno dei punti più controversi della questione. Intanto, il prossimo 31 dicembre scatterà la scadenza per il raggiungimento dei requisiti di quota 102, Opzione Donna e Ape Sociale. Altrimenti, a meno che il nuovo Governo Meloni non decida di prorogare tale termine o di attuare una riforma, si tornerà alla pensione di vecchiaia a 67 anni.
L’Opzione Donna, rinnovata per il 2022, riguarda le lavoratrici dipendenti di almeno 58 anni (59 le autonome) che hanno versato 35 anni di contributi: queste potranno accedere al trattamento pensionistico anticipato con assegno calcolato interamente su sistema contributivo.
Oltre ad una proroga di tale misura, il nuovo premier e tutta la sua squadra stanno però ora valutando l’ipotesi di estenderla anche agli uomini. Anche loro potrebbero quindi andare in pensione a 58 anni, se in possesso di tutti gli altri requisiti richiesti per le donne, ma con una differenza.
Andare in pensione a 58 anni: cosa prevede il piano per l’uomo
Il meccanismo cosiddetto Opzione Uomo, previsto nel caso dei lavoratori maschi, includerebbe una riduzione dell’assegno, che Repubblica indica tra il 13% ed il 31%. Fratelli d’Italia, con la sua leader e col centrodestra starebbero comunque valutando anche un’altra possibilità: la Lega aveva infatti proposto una Quota 41 che prevede l’accesso alla pensione con un minimo di 41 anni di contributi anziché 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Si tratta indubbiamente di ipotesi che intendono favorire il ricambio generazionale, ma che al momento sono da vagliare attentamente per i costi che andrebbero ad incidere sul Bilancio dello Stato. Secondo i calcoli, infatti, la cifra di 297,3 miliardi spesa quest’anno per le pensioni, l’anno prossimo raggiungerà ben 320,8 miliardi. Si parla poi di 338,3 miliardi nel 2024 e addirittura 349,8 nel 2025. In pratica, il 17,6% del Pil. Tutti dati da tenere in considerazione quando si parla di aumento della flessibilità in uscita e che rendono tali opzioni alquanto difficili da realizzare sul piano pratico.
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