A comunicare la drammatica notizia alla Santa Sede è stata l’ambasciata ucraina: il cuore di Ilya, una bambina che da mesi viveva nascosta in una cantina, non ha retto a tanto orrore.
La paura agghiacciante che per mesi l’ha perseguitata senza darle mai tregua le è anche costata la vita. E’ un dramma nel dramma quello che è accaduto in Donbass, dove una bambina di sei anni, Ilya, è letteralmente morta di paura.
La piccola si nascondeva da mesi in una cantina, come tantissime persone di tutte le età che loro malgrado si sono ritrovate al centro della guerra in Ucraina. Ma la durezza delle condizioni di vita e il clima di terrore vissuto 24 ore su 24 l’hanno stroncata. La terribile notizia è stata comunicata alla Santa Sede dall’ambasciata ucraina.
La triste storia di Ilya, bambina vittima della guerra in Ucraina
La piccola Ilya viveva nel Donbass, a soli cinque chilometri dal fronte, e come detto aveva solo sei anni. Si nascondeva con i suoi genitori in una cantina per cercare di sfuggire alle bombe che da mesi piovevano incessanti e inesorabili sulle loro teste. Ma, tragica ironia della sorte, la bambina non è deceduta a causa di un missile, bensì per un forte spavento. Quella stessa paura che l’ha perseguitata per mesi, insomma, alla fine le ha tolto la sua stessa giovane vita. Accanto a lei, quando è stata ritrovata morta, c’era il suo amatissimo peluche: il pupazzo rosa che ogni notte le dava conforto e coraggio.
Un dramma nel dramma, si diceva, perché dall’inizio della guerra il numero di bambini deceduti aumenta purtroppo di giorno in giorno. Secondo i dati raccolti e diffusi dall’organizzazione umanitaria Save the Children, tra il 24 febbraio e il 10 agosto almeno 942 bambini sono stati uccisi o feriti. In totale i bambini deceduti risultano essere 356, mentre i feriti 586. Di questi, il 16% aveva meno di cinque anni. A novembre, invece, il bilancio dei minori morti e feriti è salito a 1.170. Ma secondo diversi osservatori, a partire dall’Onu, si tratta di stime troppo basse.
Tra le tante storie toccanti che arrivano dal fronte c’è anche quella di Dana, 29 anni, e di sua figlia Antonina, 2 anni, fuggite da Kharkiv a marzo all’apice degli attacchi contro la città. Anche loro hanno cercato riparo in una cantina. “Antonina sentiva le esplosioni e aveva paura, non riusciva a dormire. Quando la stessa cosa accade qui si spaventa e chiede: ‘È scoppiato qualcosa, mamma. Cosa è esploso?’”: questo il racconto di Dana raccolto dall’organizzazione impegnata a tutela i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. “A una bambina di due anni non posso spiegare che c’è una guerra e che i suoi coetanei stanno morendo”. Così per rassicurarla, le spiega che quei boati sono semplici tuoni. Ma con i nipoti più grandi, ben consapevoli di ciò che sta accadendo, la tattica non funziona.
“Fanno molte domande – prosegue Dana – Il bambino di nove anni mi ha chiesto: ‘Morirò anch’io?’. I suoi genitori fanno fatica a trovare le parole giuste per rispondergli”. E ancora: “La mia nipotina di cinque anni domanda: ‘Quando sarò grande, dovrò ancora correre subito verso l’uscita quando c’è una sirena?’”. Natalia, psicologa di Emergency e membro del gruppo che accoglie i profughi a Balti, in Moldavia, sottolinea che è in continuo aumento il numero di genitori che chiedono aiuto per i loro bambini in preda all’ansia, al panico, allo stress perdurante. “Si sentono in costante pericolo dopo il distacco dalla famiglia e dal gruppo sociale, senza più punti di riferimento”. Una silenziosa strage dell’innocenza.