L’orario scolastico può avere un’influenza sul rendimento degli allievi? I più tradizionalisti sostengono di no, ma c’è una linea di pensiero che considera sia necessario ridurlo se si vuole avere un giudizio più reale sulle capacità. Se questo dovesse accadere, però, molte famiglie faticherebbero a gestire la situazione.
Ormai da anni l’orario scolastico prevede sin dalle elementari che gli studenti stiano in aula per tutta la giornata, per tutta la settimana o quasi, salvo eccezioni. In alcuni istituti, nel corso delle ore pomeridiane, gli allievi vengono seguiti dal personale addetto per lo svolgimento dei compiti, in modo tale da permettergli di tornare a casa con gran parte del lavoro svolto. Questa non può che essere una grande comodità per molti genitori, specialmente per chi ha orari di lavoro particolari e non può seguirli in prima persona.
Ci sono però delle realtà in cui questo non accade e si fa lezione anche per 7-8 ore al giorno, situazione che può diventare pesante per alcuni. Non tutti, infatti, hanno la capacità di mantenere lo stesso livello di attenzione così a lungo. Una volta rientrati nella propria abitazione, sono inoltre costretti a rimettersi sui libri per studiare.
Chi ha come orario scolastico il tempo pieno può arrivare a fine settimana stanchissimo, nonostante il sabato l’istituto possa essere chiuso. Agli impegni legati alla scuola, infatti, si aggiungono per molti anche quelli sportivi, che possono essere molto importanti in fase di crescita. Non fare alcuno sport può essere una scelta sbagliata, non solo sul piano fisico, ma anche perché aiuta a stare insieme ai propri coetanei. Chi vive in prima persona questa situazione sa però quanto questo possa essere faticoso.
I problemi possono essere maggiori soprattutto per chi non vive nello stesso paese in cui si trova la scuola. In questo caso, infatti, anche se la distanza è di pochi chilometri diventa necessario alzarsi prestissimo la mattina per prendere tram, treno o pullman. Il rischio concreto è che possano quindi arrivare a metà giornata stremati e con poca concentrazione, cosa che non favorisce certamente il rendimento nelle varie materie.
Non a caso, periodicamente c’è chi ritiene che la soluzione a questo possa essere far slittare l’orario in cui suona la prima campanella. Ma cosa fare in questi casi? Procrastinare il momento di fine lezioni o ridurlo? Certamente ogni situazione ha pro e contro che non dovrebbero essere sottovalutati.
Una vecchia scuola di pensiero, di cui si parla periodicamente, ritiene che posticipare l’inizio dell’orario scolastico possa favorire il rendimento degli allievi. Permettere loro di dormire un po’ di più, infatti, li renderebbe più rilassati e aumenterebbe il loro livello di attenzione durante le lezioni.
Questa teoria è stata ora confermata da uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa, in cui si conferma quanto possano fare male al fisico dormire poco e il Social Jetleg, cioè il disallineamento tra gli orari preferiti di sonno, definiti su base biologica, e quelli effettivi dovuti ad impegni sociali come il dover andare a scuola.
L’analisi dei ricercatori sottolinea quanto le abitudini quotidiane possano avere un effetto simile a quanto accade con il fuso orario quando ci si sposta in un altro Paese. “Non avere orari fissi, come accade con il social jetleg, e dormire poco può influire sulla fisiologia dei più giovani. Le conseguenze possono essere evidenti sul rendimento scolastico e sportivo, oltre che nella capacità di acquisire nuove conoscenze”, queste le parole di Simone Bruno dottorando in Scienze Cliniche e Traslazionali dell’Ateneo pisano.
Per arrivare a questa conclusione sono stati presi in esame 93 studenti tra i 13 e i 17 anni, atleti di pallacanestro di Pisa. Il loro comportamento è stato analizzato dai ricercatori del Sonnolab del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia. Gli è stato chiesto di prendere parte a sessioni multiple da 10 tiri liberi sia durante le vacanze estive, sia mentre andavano a scuola. “Gli orari della scuola non corrispondono alla biologia del ritmo del sonno degli studenti“: questa la ‘sentenza’ definitiva sulla questione fornita dal professore Ugo Faraguna, direttore del Sonnolab.
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