Vivere una gravidanza a rischio impone maggiore cautela da parte della futura mamma, che ha la necessità di assentarsi dal lavoro. Ottenere questa agevolazione ora è diventato più semplice.
Il periodo che precede la nascita di un bambino può essere particolarmente delicato per una futura mamma, che può arrivare a modificare la sua quotidianità. Questo può accadere soprattutto se il medico si rende conto che la sua può essere una gravidanza a rischio e la invita così a ridurre il più possibile gli sforzi fisici.
Pensare che questa sia una situazione poco diffusa sarebbe un errore, anzi molto spesso il ginecologo invita la paziente a essere cauta specialmente se ha già avuto un aborto in passato e vuole evitare che la situazione possa ripetersi. Altrettanto importante è ridurre il più possibile lo stress, che può avere influenze sul nascituro.
Il compito di dichiarare che si tratta di una gravidanza a rischio spetta ovviamente al medico, che segue costantemente la paziente nell’arco dei nove mesi. Questo avviene solitamente se si pensa che a essere a rischio possa a essere la salute del bambino, quella della futura mamma o di entrambi.
Ad aumentare il rischio di problemi sono in genere diversi fattori: età oltre i 35 anni, condizioni di salute preesistenti come ipertensione, diabete, malattie autoimmuni, tumori e HIV, gravidanze gemellari, gravidanze gemellari o problemi in gravidanze precedenti (parto pretermine o un bambino dato alla luce con un basso peso alla nascita), soprappeso o sottopeso, fumo, consumo di alcolici e/o sostanze d’abuso.
Non si deve poi trascurare anche l’eventuale presenza di disturbi che possono verificarsi nel corso dei nove mesi, quali preclampsia o diabete gestazionale, che aumentano il rischio di andare incontro a complicazioni.
In casi come questi alla puerpera vengono consigliati controlli ginecologici più frequenti, che possono diventare poi indispensabili in presenza di alcuni sintomi. Tra questi rientrano ad esempio forte mal di testa, dolori addominali, riduzione dell’attività fetale (il bambino sembra muoversi meno del solito), perdite acquose abbondanti (suggestiva di rottura delle membrane), perdite vaginali, dolore o bruciore durante la minzione.
In casi di gravidanza a rischio il ginecologo invita la paziente a ridurre il più possibile gli sforzi, al punto tale da rendere necessario assentarsi dal lavoro prima del termine previsto dalla legge. La domanda necessita di un certificato medico, in cui dovrà essere indicata la patologia di cui soffre la lavoratrice, la data presunta del parto e il periodo di interdizione dal lavoro consigliato. L’istanza deve essere presentata presso il Dipartimento di Prevenzione.
Decisamente diversa è la situazione per le lavoratrici autonome, che non possono godere di un contratto come accade per chi è dipendente. Tuttavia, la buona notizia è che ora, questo diritto, come indicato dall’articolo 68 del testo unico, è sancito anche per le libere professioniste.
In questa categoria rientrano coltivatrici dirette, colone, mezzadre ed imprenditrici agricole professionali, le artigiane, le esercenti attività commerciali, oltre alle libere professioniste iscritte ad una forma obbligatoria di previdenza gestita da un ente di diritto privato.
Le interessate che desiderano sfruttare questa possibilità devono accedere al sito Web dell’Istituto, mediante autenticazione tramite SPID, almeno di 2 livello, CIE 3.0 o CNS; Contact Center Integrato, al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) o al numero 06 164 164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori. In alternativa, è possibile anche presentarsi presso gli Istituti di Patronato e intermediari dell’Istituto, attraverso i servizi offerti dagli stessi.
Nel caso delle autonome, non è necessario produrre all’Istituto il certificato di gravidanza. La trasmissione viene effettuata in via telematica dal medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato.
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