Trattare con i figli adolescenti è un argomento che ha riempito decine di scaffali delle librerie. Il silenzio attivo però sembra una tecnica molto efficace.
Dopo i tredici anni dei figli per molti genitori inizia un periodo complesso perché durante l’adolescenza molti ragazzi assumono un atteggiamento di sfida. Comunicare diventa più difficile e soprattutto sembra di non avere più autorità in casa sui ragazzi. Ormai questi si ritengono grandi ed esentati da certe regole, tanto che a poco serve punire togliendo il telefono o lo sport se rifiutano di essere responsabili. Lo stesso vale per le sgridate e i rimproveri, perché il sistema più adatto è fare l’esatto contrario.
Anziché rimproverare e forzare al dialogo il ragazzo o la ragazza rischiando di compromettere la situazione è meglio stare in silenzio. Niente di scenografico dichiarando ai figli che non si intende più parlare con loro, semplicemente stabilire una distanza temporanea da loro. Si va in un’altra stanza a fare altro e in generale se li si vede si evita di aprire bocca.
Di solito questa sospensione del dialogo per suscitare una reazione negli adolescenti deve durare almeno qualche ora. Pare che faccia presa soprattutto sui ragazzini sotto i 15 anni che sentono ancora il bisogno della presenza dei genitori. Quando invece sono prossimi alla maggiore età il metodo può fallire perché sono anche più indipendenti.
Come mai è meglio il silenzio
Il fine del silenzio attivo (ossia volontario) è quello di dare ai figli il tempo di realizzare che alcuni atteggiamenti possono avere conseguenze impreviste. Il ragazzo/a è portato a pensare che il massimo da aspettarsi sia una litigata dando per scontato che i genitori vogliano parlare. Vedere l’opposto e sentirsi in parte isolato può concedere lo spazio per tornare sui propri passi e pensare a cosa si è detto o fatto.
Per essere efficace non bisogna abusare di questo metodo perché se vi si ricorre per ogni piccolezza potrebbe diventare un’abitudine e creare uno spacco tra genitori e figli. L’idea migliore è di limitarsi a usarlo quando i toni adottati dai ragazzi arrivano agli insulti o si sono verificati eventi gravi da lui provocati senza che dia segno di rimorso.
Il silenzio attivo non si propone come una soluzione a certi atteggiamenti del ragazzo. La speranza è che serva usarlo solo poche volte in modo che il ragazzo sia il primo a cercare il dialogo per risolvere la situazione.