Il freddo può essere un elisir di lunga vita in certe condizioni? La risposta a questa domanda pare sia sì secondo uno studio svolto in Germania.
Quando si dive che il freddo allunga la vita sembra di sentire un luogo comune come tanti, eppure esiste da tempo la crioterapia. Si tratta di un’esposizione dell’organismo al freddo che può servire sia per problemi di natura cutanea sia per stimolare alcuni apparati e sistemi (endocrino, circolatorio…). Ora però allo studio c’è l‘influenza delle basse temperature su patologie molto gravi come quelle neurodegenerative. In Germania all’Università di Colonia stanno emergendo risultati incoraggianti da una ricerca su vermi e cellule umane.
Quello che risulta è che mantenendo questi organismi e i tessuti umani al freddo si nota una stimolazione maggiore di un processo che aiuta a rimuovere le proteine danneggiate. Si tratta di strutture che tendono a formare dei grumi e a dare problemi al sistema nervoso. Basti pensare che ad esempio il morbo di Alzheimer deriva proprio dalla formazione di aggregati proteici che interferiscono con le sinapsi fra i neuroni.
Un’altra malattia che deriva dalla formazione di grumi di proteine nocive è la terribile SLA (sclerosi laterale amiotrofica). Per ricordare di che si tratta basta ripensare al celebre astrofisico Stephen Hawking che ne fu affetto dalla giovane età fino alla morte perdendo il controllo di tutte le funzioni vitali. Riuscire a trovare un modo per rallentarla è oggetto di ricerca medica da anni.
Una base di partenza per le terapie
Il verme scelto per lo studio è Caenorhabditis elegans, un organismo modello che mostra meccanismi di aggregazione proteica simili a quelli umani. Anche a livello genetico ci sono diverse similarità e per questo lo si usa in queste ricerche. Scoprire come il freddo può agire su di lui quindi è un passo avanti anche per sviluppare un’eventuale crioterapia umana per curare i disturbi neurodegenerativi.
Questo si tradurrebbe anche nella possibilità di estendere la durata della vita dato che l’Alzheimer e la SLA portano spesso a morti premature. Entrambe sono disturbi che in genere insorgono dopo i 50 anni perché sono legate all’invecchiamento del corpo. Con l’età questo tende a eliminare più lentamente le tossine e a sviluppare danni cellulari, effetto che il freddo sembra sia in grado di contrastare.
Su C. elegans sono già stati fatti in passato studi su come il freddo influenzi la sua longevità. I meccanismi fisiologici che danno vita a questo effetto però non sono ancora chiari e richiederanno altre ricerche.