Perché in Italia ci sono sempre meno mamme? Secondo un nuovo rapporto è colpa della disparità di genere nella società. Il nuovo allarme che chiede un rimedio
L’Italia nel 2022 ha toccato il minimo storico per quanto riguarda le nascite. Un dato preoccupante, dove, dati alla mano, sono scese per la prima volta sotto le 400mila. Anche il Governo sta cercando di prendere in mano questa situazione, sembra che le politiche da oggi agli anni ’90 (quando è cominciato il declino delle nascite) non vogliano veramente affrontare la situazione che sta accadendo in questo Paese.
Questo perché la bassa fecondità nel nostro Paese, anche se frutto naturalmente di molte cause, è dovuto soprattutto al basso tasso dell’occupazione femminile e alla carenza dei servizi, fino ai problemi culturali, che determinano uno squilibrio nella distribuzione dei carichi di cura familiare. In una situazione del genere sempre meno donne considerano l’idea di avere un secondo figlio
Non ultimo nella lista dei motivi anche la depressione post partum e la violenza ostetrica incontrati nel primo parto. Il sondaggio di IPSOS per Save The Children ha rivelato che molte donne soffrono durante il parto e nei primi mesi di genitorialità. Tra i motivi ci sono anche la depressione post partum e la violenza ostetrica durante il primo parto. Tuttavia, il fattore più importante sembra essere il basso tasso di occupazione delle donne in Italia, che nel 2023 è aumentato solo di pochi punti, arrivando al 51,3%, rispetto alla media Ue del 67,7%.
Un recente studio sviluppato da Istat per Save The Children rivela una situazione difficile per le donne in Italia. Anche se dove chi lavora fa più figli, le mamme lavoratrici sono costrette a fare le equilibriste, nome da cui deriva il report, tra lavoro e famiglia a causa della scarsità di servizi e della divisione poco equa dei ruoli in famiglia. Questa situazione è evidente in Lombardia (regione con alta occupazione femminile e alta natalità) e in Basilicata (regione con bassa natalità e condizioni poco favorevoli per le mamme).
Il rapporto ha mostrato che dove le donne lavorano e la divisione dei ruoli è più equa, aumentano anche le intenzioni di avere figli. Non solo questo accade nel nord Europa, ma anche in Italia, dove le regioni del Mezzogiorno hanno indici più bassi di fecondità rispetto al Settentrione. Fino agli anni ’80, in Europa, le donne che lavoravano facevano meno figli, ma oggi questo trend si è invertito e in Italia si è verificato solo nel 2010.
“Le equilibriste” parla della necessità che entrambi i partner abbiano un lavoro stabile per aumentare la fecondità e affronta questioni cruciali riguardanti la conciliazione lavoro-famiglia, la parità di ruolo tra partner e la salute psicologica delle madri italiane. Inoltre, si sottolinea che la lotta per la parità di genere richiede azioni concrete e che la Risoluzione legislativa approvata dal Parlamento Europeo per rafforzare l’applicazione del principio dell’equità salariale rappresenta un passo importante in questa direzione.
Tuttavia, per contrastare realmente il gender pay gap in Italia, si devono affrontare le cause profonde della disuguaglianza salariale e promuovere l’inclusione delle donne nel mondo del lavoro.Quando una donna ottiene un lavoro di successo e diventa madre, incontra ancora tante difficoltà. Secondo i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nel 2021 il numero di dimissioni volontarie è aumentato e più di metà dei licenziamenti volontari erano di donne. Questo squilibrio di genere non si sta riducendo numericamente, ma sta aumentando anche tra gli uomini.
Dopo le dimissioni volontarie, le difficoltà e la disparità di genere sono destinate ad aumentare, soprattutto per le donne, poiché è difficile tornare sul mercato del lavoro dopo la maternità. Nonostante il gender pay gap 2022 abbia registrato una leggera decrescita, questo si amplia quando le donne hanno dei figli. In presenza di un bimbo minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% dei papà. Tale divario diventa cresce di più con due figli minori. Se per l’uomo è un vantaggio avere tanti figli, per la donna non lo è. Infatti in tali condizioni, il tasso di occupazione femminile scende fino al 56,1%, mentre i padri raggiunge il 90,8%. Per questo motivo non stupisce che il veto di fare un secondo figlio venga proprio dalle donne.
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