Quanto costa mantenere un figlio, le cifre e gli importi da sapere per chi sta pensando di averlo: i dettagli
Sono in tante a chiedersi quanto costi mantenere un figlio e ad interrogarsi sulla spesa che serve per crescerlo: cosa sapere, importi e cifre tanto rispetto all’età quanto alla posizione geografica.
Il costo legato al mantenimento di un figlio è un elemento che di per sé non rappresenta la sola ragione del perché sempre in meno italiani vogliano diventare genitori, tuttavia però è un aspetto che contribuisce a far desistere chi pensa di volerlo avere.
A tal riguardo, la misura dell’assegno unico, cui vi è tempo per richiederlo sino al 30.06, senza perdere gli arretrati, è un sostegno importante per moltissime famiglie, ma spesso non è sufficiente.
Il tema della denatalità in Italia è assolutamente rilevante, e talvolta si fanno allusioni anche alla ricchezza quale concausa di tale fenomeno. Tuttavia, i dati sembrerebbero dire altro.
Due recenti ricerche hanno palesato un aspetto che è ben noto ai genitori, ovvero sia che crescere un figlio costa, e non poco.
Stando a Moneyfarm, nota società di investimento con approcci digitali, secondo l’attuale costo della vita si spendono tra i novantasei mila e i cento ottantatré mila euro per crescere un figlio, nella Penisola, tra 0 e 18 anni. Cifre che sono di poco inferiori alla media conteggiata alla fine del 2021 da parte dell’Osservatorio di Federconsumatori, pari ovvero a 175.642,72.
Mediamente infatti gli importi che servono sono, stando alla stima, superiori ai settemila euro annui.
Ad esser state analizzata sono state più di centocinquanta voci di spesa, e soltanto limitandosi alla preparazione alla nascita, per fare un esempio, è opportuno accantonare tra i 5.600 e i 19.330 euro.
È chiaro che il tutto si lega anche alle soluzione trovate da ciascuno. L’analisi in questione segmenta per famiglie appartenenti a face media ed alta. Si pensi ai test prenatali al corso pre-parto.
Senza dimenticare il corredo, gli accessori, la carrozzina ometto, il fasciato. E ancora, la culla e la sdraietta. Andando un po più nel dettaglio rispetto alle fasce d’età, sino ai 3 anni la spesa si aggira tra i 10.000 e i 25.000 euro, mentre dai 4 ai 5 oscilla fra 10.000 e 27.000 euro.
Proseguendo poi, fra sei ed undici anni, si va tra 28.000 e 48.000 euro, e ancora nel periodo dodici – diciotto anni, tra i 45.000 e i 74.000 euro.
Ciascuna fascia d’età porta con sé capitoti di spesa specifici. Ad esempio, tra i 6 – 8 anni ad impattare sono le attività legate allo sport, la mensa della scuola oppure i campi estivi. Senza dimenticare le visite del medico che possono oscillare tra 420 e 900 euro, oppure il doposcuola, da 510 a 5.400 euro.
Nel periodo 15 – 18 anni, più costose le attività inerenti lo sport, ottomila euro, ma vi sono anche le lezioni di lingua, l’abbigliamento, videogiochi, paghette, e così via. I libri della scuola impattanti per 1.164 euro, oppure i trasporti, sui 600 euro.
È chiaro che la ricerca va intesa quali indicativa e media, ma è preziosa per approfondire una delle questioni, non quella maggiormente rilevante, che può portare le coppie a rinunciare, rispetto all’avere un figlio.
L’analisi condotta da Moneyfarm è tutto sommato in linea con lo studio condotto e pubblicato da parte di Bankitalia. I costi per mantenere un figlio, misurati sull’arco degli anni 2017 – 2020 sono stati pari a 640 euro per ciascuno.
Le spese si legano a determinati consumi, come il cibo per i neonati oppure le rette della scuola, ad esempio, che vanno ad aggiungersi alla ripartizioni di quelle generali, come i trasporti, il tempo libero e così via.
Da un punto di vista geografico, al Sud il costo è minore per figlio, al confronto del Centro-Nord. Un elemento comunque viene influenzato dai prezzi abitativi molto vari. Il calo della spesa media di 640 euro è arrivato poi a 580, nel 2020, in virtù della mobilità limitata e della scelta di rinunciare a taluni consumi.
Considerando la data utile (30.06) per chiedere l‘Assegno Unico, evitando la perdita degli arretrati, Bankitalia ha analizzato che per il primo quinto della scala reddituale, ovvero coloro che sono meno abbienti, la misura in questione va a coprire soltanto una parte, oltretutto piccola, della spesa. Si aggira cioè tra 1/3 e la metà.
Intanto, tiene banco il tema della denatalità, tema di cui si parla da più di 10 anni e i cui dati peggiorano anno dopo anno.
Nel 2008 – 2019 vi erano 1.44 figli per donna, mentre nel 2020, anche a causa della pandemia, si è giunti a 1.24. Trecento novantanove mila i neonati nel 2021, dato che rappresenta la prima volta che si è scesi sotto i quattrocentomila.
Se il calo rispetto al 2020 era stato dell’1.3%, e di ben il 31% al confronto del 2008, pur con una lieve ripresa a fine 2021, nel marzo 2022 si è verificato un crollo, con meno 3.997 neonati al confronto dello stesso mese dell’anno prima.
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