Quali i dettagli da conoscere a proposito del Bonus Maroni in busta paga: di che si tratta, chi riguarda e di quanto aumenta lo stipendio.
Novità in merito al Bonus Maroni, con il decreto in Gazzetta Ufficiale insieme alle informazioni di tipo operativo a proposito della misura riconosciuta a coloro che ritardano l’accesso al pensionamento, pur potendo far ricorso a Quota 103.
La misura in questione, di cui la relativa introduzione dalla legge di Bilancio 23, diviene operativo in virtù della pubblicazione in GU del decreto attuativo.
Occorre specificare che il decreto attuativo non fa riferimento espressamente al “bonus Maroni“. Però, tale misura si lega a diversi elementi dello strumento che fu introdotto dall’allora Ministro del Lavoro, il cui scopo era inerente al contenimento della spesa della pensione.
È, al medesimo tempo, un incentivo che dovrebbe portare i lavoratori ad accedere più tardi al pensionamento. Il proseguo dell’attività lavorativa, pur possedendo i requisiti per essere collocati in quiescenza, porta al diritto, qualora richiesto, ad un aumento di stipendio. E tale possibilità si lega all’abbattimento della quota contributiva che grava sui lavoratori.
Vi è il ritorno, nell’anno corrente, di tale strumento, in ottica limitazione degli accessi a Quota 103. Coloro che matureranno i relativi requisiti, e dunque 63 anni d’età e 41 di contributi, potranno optare per l’accesso alla pensione in anticipo o proseguire a svolgere l’attività lavorativa, ricevendo il beneficio dell’incentivo in questione.
Bonus Maroni in busta paga: requisiti e come funziona
Il Bonus Maroni in busta paga si lega, dal punto di vista dei riferimenti normativi, all’art.1, commi 286-287, legge numero 197/2022, e al decreto attuativo del 21.03.2023, con pubblicazione in GU numero 110/2023. È un incentivo per il lavoratore che, nonostante soddisfi i requisiti per Quota 103, decida di ritardarne l’accesso, beneficiando di un aumento di stipendio in virtù della riduzione totale dell’aliquota contributiva a lui spettante.
Lo stipendio al lordo non cambia, la crescita della retribuzione non grava sull’azienda, e al contempo sul netto c’è un aumento che si lega ai vari casi.
La legge di Bilancio 2023 specifica che il diritto alla misura in questione riguarda il lavoratore che abbia maturato i requisiti minimi (art.51), per l’accesso alla pensione anticipata (art.51). Nel dettaglio, Quota 103, la misura che, esclusivamente per l’anno in questione, permette di accedere alla pensione a chi contestualmente abbia compiuto quantomeno sessantadue anni, e vanti quantomeno quarantuno anni di contributi.
L’incentivo non viene riconosciuto automaticamente, dal momento che è la persona in questione che decide se fruire dalla possibilità o meno. Dopo aver raggiunto i requisiti per accedere a Quota 103, i lavoratori interessati dovranno scegliere se accedere da subito alla pensione, oppure proseguire e versare contributi per intero, in modo tale da far crescere l’importo pensionistico futuro. O ancora, beneficare dell’incentivo, portando a zero la quota di contributi a proprio carico.
In tale ultima casistica, coloro che optassero per i cd Bonus Maroni, riceverebbero in busta paga il valore di contributi che altrimenti avrebbero versato ad INPS. Vi sarà un aspetto però svantaggioso, dal momento che l’importo della pensione sarà minore, visto che i contributi versati saranno minori.
Richiesta ad INPS e quanto cresce lo stipendio col Bonus Maroni
I soggetti interessati dovranno presentare richiesta all’INPS, mediante l’impiego della procedura telematica. Quest’ultima al momento non è ancora presente sul portale; ma sarà data immediata comunicazione appena tale aspetto cambierà.
Dopo aver raggiunto i requisiti rispetto a Quota 103, dunque, occorrerà informare l’INPS della propria volontà circa il rimandare l’accesso alla pensione in un secondo momento, e dunque a godere della misura.
In merito alla decorrenza dell’incentivo, quest’ultima seguirà le medesime scadenza per Quota 103. Volendo fare un esempio, per coloro che maturano i requisiti il 16.05.23, la misura avrà decorrenza sin dal 01.09.23. Ovverosia, dopo che sia decorsa la finestra mobile trimestrale.
Altro aspetto riguarda la scelta dei lavoratori, la quale è revocabile in ogni momento. Tuttavia, qualora ciò accada, non vi sarà modo di poter presentare una nuova richiesta per accedere allo sgravio in un secondo momento.
Attualmente, circa l’imponibile lordo che si indica in busta paga, va ad applicarsi una aliquota contribuiva del 9.19 per cento. A quest’ultima, va ad aggiungersi un 23.81 per cento che grava sul datore di lavoro. Lo scopo della misura è portare a zero, totalmente, il suddetto 9.19 per cento. Si prenda ad ipotesi uno stipendio da duemila euro lordi, con il risparmio dei contributi che sarebbe di 183.60 euro mensili. Rispetto ad uno da tremila euro lordi, il risparmio garantito sarebbe di 275.40 euro.
Occorre tener presente che questo sgravio va ad aggiungersi a quelli già oggetto di riconoscimento da parte della legislazione in vigore.
E nel dettaglio, il 2% che arriverà al 6% dal 07.23, per stipendi minori di 2.693 euro lordi, e quello del 3 per cento che diverrà del 7 per cento, per coloro che hanno guadagni minori di 1.923 euro lordi.
Alcuni aspetti da valutare
Il risparmio nella suddetta casistica avrebbe una consistenza anche inferiore. Ad esempio uno stipendio da 2.500 euro, che visto lo sgravio è già stato interessato da una riduzione di quota di contributi al 3.19 per cento, in virtù della misura in questione, vedrà in risparmio soltanto di ulteriori 79.75 euro.
Occorre però considerare che il Bonus Maroni sarà riconosciuto sino alla data del pensionamento. Lo sgravio cui si è fatto riferimento, per ora, viene finanziato soltanto per l’anno in corso.
In merito alla convenienza della misura, occorre tener presente che non tutta la quota contributiva risparmiata va a riversarsi sullo stipendio netto, dal momento che vanno considerate le imposte. Sarà quindi minore l’aumento effettivo, all’incirca del dieci – quindici per cento, rispetto alla quota risparmiata.
Inoltre, va considerato anche che l’abbattimento dell’aliquota contributiva che spetta ai lavoratori porterà conseguenze rispetto alla pensione futura. E ciò, dal momento che sono versati un numero minore di contributi rispetto a quelli che di solito son previsti. Ovvero il 23.81 per cento invece del 33.
Non vi è una risposta univoca al quesito sulla convenienza, la situazione si lega alla situazione dei contributivi e lavorativa dei soggetti. Ad ogni modo, va rimarcato che è importante eventualmente decidere dopo essersi confrontati con esperti del campo, così da poter ricevere un consiglio specifico da parte di un professionista, rispetto a quale strada imboccare.