Induzione del travaglio: tutto quello che devi sapere per un parto sereno

Quando il termine della gravidanza si avvicina, molte donne iniziano a interrogarsi sul momento del parto, soprattutto se questo non sembra voler iniziare spontaneamente.

La durata media di una gravidanza è di circa 280 giorni o 40 settimane, ma cosa succede quando questi giorni passano senza che si manifestino segni di travaglio?

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Induzione del travaglio: tutto quello che devi sapere per un parto sereno(Universomamma.it)

È qui che entra in gioco l’induzione del travaglio, una pratica medica volta a stimolare l’inizio delle contrazioni e facilitare il processo di nascita.

L’induzione del travaglio viene raccomandata tra le 41 e le 42 settimane di età gestazionale per prevenire possibili complicanze dovute alla prolungata permanenza del bambino nell’utero. Tuttavia, è fondamentale ricordare che la data presunta del parto è appunto “presunta” e serve più come riferimento per monitorare lo stato di salute della madre e del bambino piuttosto che come scadenza assoluta.

La decisione di indurre il travaglio non viene presa alla leggera. Prima dell’induzione, i medici valutano attentamente la situazione specifica della donna incinta, considerando fattori come l’età gestazionale corretta (spesso determinata tramite ecografia nel primo trimestre) e lo stato di maturazione della cervice uterina (valutato attraverso l’indice di Bishop).

Induzione del travaglio tutto quello che c’è da sapere

Esistono diversi metodi per indurre il travaglio, sia farmacologici che non. Tra i metodi non farmacologici vi è lo scollamento delle membrane amniocoriali dalla cervice durante una visita vaginale. Questa procedura può favorire l’inizio delle contrazioni ma può anche essere fonte di disagio per la donna.

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Induzione del travaglio: tutto quello che devi sapere per un parto sereno(Universomamma.it)

Per quanto riguarda i metodi farmacologici, uno dei più comuni prevede l’utilizzo delle prostaglandine sintetiche sotto forma di fettuccia vaginale o gel per ammorbidire il collo dell’utero.

Un altro metodo impiega un palloncino riempito con soluzione salina inserito vicino al collo dell’utero per favorirne la dilatazione meccanicamente.

In alcuni casi può essere necessario ricorrere all’ossitocina sintetica somministrata tramite flebo per stimolare le contrazioni uterine.

Questo metodo richiede un monitoraggio continuo sia dell’attività contrattile uterina sia del benessere fetale ed è generalmente riservato ai casi in cui altri metodi hanno preparato adeguatamente la cervice o quando questa è già sufficientemente matura.

Nonostante i benefici potenziali dell’induzione nel ridurre rischi quali morbosità e mortalità neonatali nelle gravidanze oltre termine, esistono anche dei rischi associati ai vari metodi d’induzione stessi. Tra questi vi sono il dolore/discomfort durante la procedura, la possibilità che l’induzione non abbia successo portando a considerare altre opzioni come il taglio cesareo e rischi specifici legati all’utilizzo dei farmaci come tachisistolia o ipertono uterino.

È quindi essenziale un dialogo aperto tra la donna incinta ed il suo ginecologo prima dell’avvio dell’induzione: discutere insieme benefici e rischi permette alla coppia in attesa di prendere una decisione informata su quale strada intraprendere verso la nascita del loro bambino.

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