Il pianto inconsolabile dei neonati, spesso attribuito alle coliche, è un fenomeno che preoccupa e mette alla prova la pazienza di molti genitori.
Ma cosa si nasconde realmente dietro questo comportamento? È davvero corretto parlare di coliche?
La parola “colica” evoca immediatamente l’idea di un dolore addominale acuto, legato alla presenza di gas intestinali.
uttavia, la scienza medica non ha mai confermato una diretta correlazione tra il pianto prolungato dei neonati e il dolore intestinale specifico delle coliche. Questa associazione sembra essere più un retaggio culturale che una realtà clinica.
Il termine “colica” inizia a essere utilizzato in ambito pediatrico nel 1954, dopo la pubblicazione di uno studio che ne descriveva i sintomi nei neonati.
Da allora, il concetto si è radicato nella cultura popolare e nella pratica medica senza però basarsi su solide evidenze scientifiche.
I sintomi comunemente associati alle cosiddette coliche del neonato includono principalmente il pianto intenso e prolungato. I bambini possono apparire visibilmente agitati, contrarre le gambe verso l’addome e mostrare segni generali di disagio.
Tuttavia, questi comportamenti non sono esclusivi delle coliche ma possono essere espressione delle molteplici necessità del bambino o della sua reazione a stimoli esterni.
È importante sottolineare che ogni neonato è un individuo a sé stante con proprie peculiarità fisiche ed emotive; pertanto, ciò che può valere per uno potrebbe non essere applicabile ad altri. La presenza costante dell’aria nel tratto gastrointestinale è normale e non sempre causa disagio significativo ai piccoli.
Le cosiddette crisi serali o pomeridiane attribuite alle coliche potrebbero invece rappresentare momenti fisiologici dello sviluppo del bambino nei primi mesi di vita o rispecchiare semplicemente la necessità del piccolo di scaricare tensione accumulata durante la giornata.
Quando si parla della durata delle coliche, i dati indicano che molti bambini manifestano questo tipo particolare di comportamento durante i primissimi tre mesi di vita. Le cosiddette crisi tendono a diminuire significativamente dopo tale periodo.
Di fronte al pianto inconsolabile del proprio figlio, i genitori cercano comprensibilmente soluzioni immediate per placarlo. Tuttavia, anziché ricorrere subito a rimedi farmacologici – spesso inefficaci in questa situazione – sarebbe più opportuno adottare approcci basati sulla vicinanza fisica e emotiva: tenere il bambino in braccio o in fascia petto contro petto; cantargli dolcemente; massaggiarlo delicatamente; offrirgli un ambiente tranquillo riducendo stimoli visivi ed uditori eccedenti.
Pur essendo diffusa l’idea che le cosiddette “coliche gassose” siano una condizione comune tra i neonati causante intense sofferenze addominali da gas intestinale intrappolato – concetto supportato da anni d’abitudine culturale – le evidenze scientifiche attuali suggeriscono una visione diversa: quella del pianto come forma complessa ma naturale attraverso cui il neonato comunica con l’esterno.
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