La scelta della posizione durante il travaglio e il parto è un aspetto fondamentale che può influenzare significativamente l’esperienza della nascita.
La storia ci insegna che le donne, nelle varie epoche e culture, hanno sempre cercato di adottare posizioni che favorissero un parto più naturale e meno doloroso, spesso prediligendo la verticalità.
Nel corso del diciottesimo secolo, tuttavia, con l’avvento dell’assistenza medica alla nascita, si è assistito a una standardizzazione delle pratiche di parto che ha portato alla diffusione della posizione litotomica. Questa prevede la donna in posizione supina con i piedi sollevati sopra il livello delle anche, una scelta dettata più dalla comodità degli operatori sanitari che non dal benessere della partoriente. Studi recenti hanno messo in luce come questa pratica possa essere considerata uno dei principali fattori iatrogeni nella storia della medicina.
Ma esiste davvero una posizione “ideale” per partorire? La risposta è complessa poiché ogni donna e ogni travaglio sono unici. L’elemento chiave sta nell’ascolto del proprio corpo e nella libertà di muoversi secondo le proprie necessità e sensazioni.
Durante i prodromi del travaglio, caratterizzati da contrazioni irregolari e meno intense, restare in un ambiente familiare dove sia possibile muoversi liberamente può fare la differenza nel gestire al meglio questa fase preliminare. L’utilizzo di vasca o doccia calda, così come il sostegno emotivo e fisico del partner attraverso massaggi o semplicemente la presenza rassicurante possono essere di grande aiuto.
Con l’intensificarsi delle contrazioni e l’ingresso nella fase attiva del travaglio diventa ancora più importante variare le posizioni: stare in piedi o camminare aiuta a favorire la discesa del bambino lungo il canale del parto; sedersi su una palla da ginnastica o sdraiarsi sul fianco permette momenti di riposo senza ostacolare il progresso del lavoro; adottare la posizione a carponi può alleviare il dolore concentrato nella zona lombare.
Arrivati alla fase espulsiva, quando le contrazioni diventano più intense ed efficaci nel spingere il bambino verso l’esterno, mantenere posizioni erette come quella accovacciata o seduta su uno sgabello appositamente progettato può facilitarne ulteriormente la discesa grazie alla gravità.
È importante sottolineare come durante tutto questo processo sia cruciale affidarsi alle proprie sensazioni ma anche all’esperienza e al supporto delle ostetriche presenti. Esse possono suggerire cambiamenti di postura basandosi sull’osservazione dell’atteggiamento spontaneo della donna ma anche intervenire con consigli mirati qualora emergano complicanze legate al posizionamento non ottimale del bambino o problemi relativi all’attività contrattile.
Mentre non esiste una formula magica applicabile universalmente per determinare quale sia la migliore tra le diverse posizioni per partorire, ciò che emerge chiaramente è l’importanza dell’ascolto attivo delle proprie necessità fisiche ed emotive durante tutto il processo. La libertà di movimento si rivela essere non solo un diritto ma anche uno strumento potente a disposizione della donna per vivere un’esperienza di parto positiva ed empatica.
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