Una baby gang di Jesolo ha picchiato 3 bagnini. Il commento di Alberto Pellai sulla vicenda.
Domenica 30 giugno un gruppo di 30 ragazzi ha picchiato 3 bagnini di Jesolo.
La vicenda ha avuto origine in mattinata, quando 8 ragazzi della gang dormivano in spiaggia e i bagnini si sono avvicinati per farli spostare. Secondo quanto raccontato dai ragazzi ecco quello che è successo: “uno di loro però aveva difficoltà a risvegliarsi: così i bagnini hanno cominciato a spintonarlo e poi a picchiarlo. Erano quattro contro uno, lui era pieno di sangue, abbiamo dovuto chiamare la polizia”.
Quando sono arrivati carabinieri hanno consigliato al ragazzo vittima di denunciare quanto accaduto.
I ragazzi, sia italiani che stranieri hanno un’età compresa tra i 15 e 17 anni e, in 30 contro tre, hanno picchiato i 3 bagnini mandandoli in ospedale.
Uno dei giovani ha commentato su Il Messaggero: “A cominciare sono stati i bagnini. Ci tengo a raccontare come veramente sono andati i fatti, non per “salvare la pelle” a me o ai miei amici, ma perché come noi abbiamo sbagliato e ne abbiamo pagato le conseguenze, così è giusto che anche i bagnini siano puniti.
Di recente poi uno dei ragazzi ha postato su Instagram un video messaggio in cui insultava i bagnini ricoverati: “Sei in ospedale eh? Infame di m..”. Il video è stato poi cancellato.
Lo psicoterapeuta Alberto Pellai ha voluto esprimersi sulla vicenda tramite Facebook:
“La violenza della gang di Jesolo e la violenza delle parole di cui è intriso il mondo nostro e dei nostri figli
Perché in Tv e in radio cresce in modo esponenziale l’uso di parole ostili? A volte di vere e proprie parolacce. E’ questo il progresso? Sono davvero autentico quando mi esprimo selezionando dal vocabolario i termini più volgari e violenti che contiene al proprio interno? Perché persone che dovrebbero essere esperti di comunicazione, comunicano come il peggiore dei preadolescenti che ancora non ha imparato le competenze di autoregolazione emotiva? Perché i politici che ci rappresentano, sono spesso – nei talk show – il modello peggiore del bullismo, che vorrebbero poi estirpare dalla scuola e dalla vita dei nostri figli con leggi ad hoc e corsi di educazione civica? Perché la parolaccia è diventata la “cifra” che non può mancare dal testo della canzone che deve fare irruzione in hit parade?
Ci sono persone che hanno costruito il proprio successo proprio sull’improperio, sull’offesa urlata a piena voce per coprire l’eventuale tentativo dell’offeso di difendersi. Perché questi personaggi sono i più presenti e invitati in ogni programma televisivo?
Perché abbiamo reso ciò che è volgare, prepotente, arrogante un tratto distintivo in grado di generare popolarità, attenzione, successo in chi ne è esempio, portatore e testimone?
Proprio in queste ore ascoltavo le notizie provenienti da Jesolo dove una gang di circa 30 minorenni ha vendicato con insulti e botte il presunto sgarro fatto a dieci loro compagni, allontanati da una spiaggia perché il loro comportamento era fuori dalle regole dello stabilimento balneare in cui si erano insediati. Nel pomeriggio, una banda si presenta dagli stessi adulti che avevano presidiato il rispetto delle regole e si sono fatti giustizia da sé. Riprendendosi con lo smartphone e depositando perciò in quel video anche la prova della loro consapevolezza con tutte le conseguenze legali che ne deriveranno.
Nel video violenza e bestemmie. Oltre naturalmente alle botte. Nel copione di molti adulti presenti nei media c’è violenza verbale, parole ostili, le peggio parole.
Le bestemmie le botte sembrano ancora essere bandite, ma forse è solo questione di tempo. C’è una correlazione tra la violenza di quei giovanissimi e la violenza “tollerata e di successo” di molti adulti che spadroneggiano nei media?
Come adulti, genitori ed educatori, c’è davvero da fare una riflessione. E chi ha la responsabilità e il privilegio della “parola pubblica” all’interno dei mezzi di comunicazione, dovrebbe davvero riflettere sul fatto che quel privilegio implica anche un codice etico, un bisogno di presidiare il valore della parola. Perché la parola costruisce la realtà. Anche se uno finge di non saperlo, di non crederci o banalizza questo concetto, per me invece la verità è certa e dimostrata: “Siamo anche quello che diciamo, le parole che scegliamo. Quelle che scegliamo di dire e quelle che di conseguenza, abbiamo smesso di dire”.
Ascoltate l’intervista che Gad Lerner ha fatto al Prof. Carlo Ossola, critico letterario, filologo, accademico. Sentirete che cosa significa “elevare il linguaggio”. Il professore afferma che: “Da quel che ci dicono le statistiche gli studenti di oggi non superano le 500, forse sono a 400 parole, il che vuol dire amputarsi.”
“La parola come strumento per comprendere il mondo, per rispettare l’aura dell’altro”, così parla il Professor Ossola: forse vale la pena di rendere questa intervista virale. La trovate allegata a questo post.
Per noi adulti, è fondamentale sentire, oggi più che mai, che la responsabilità della parola è una delle responsabilità educative prioritarie, se vogliamo che la violenza non diventi il modo più veloce di trasformare ciò che non riesco a dire e per cui non ho le parole adeguate, in ciò che agisco. In modo impulsivo e istantaneo. E quasi sempre violento.”
Unimamme, cosa ne pensate delle parole di Pellai? Se volete ascoltare l’intervista al professore Ossola potete farlo sul sito della Rai.