Bambini morti in Yemen, le accuse di ipocrisia all’Italia: piange le vittime, ma continua a vendere armi all’Arabia Saudita che bombarda lo Yemen.
Una durissima accusa nei confronti dell’Italia e degli italiani, che piangerebbero “lacrime di coccodrillo” per i bambini moti in Yemen, soprattutto di fame, ma che allo stesso tempo non fanno nulla per fermare i bombardamenti del Paese da parte dell’Arabia Saudita, anzi continuano a vendere armi al Paese. L’Italia, infatti, è uno dei maggiori esportatori di armi all’Arabia Saudita.
Bambini morti in Yemen: le accuse all’Italia
Tutti si sono commossi recentemente per la bambina yemenita di sette anni morta di fame. Ennesima vittima di una guerra feroce che non vuole finire. Dopo le bombe, che negli ultimi anni hanno fatto stragi di civili, anche tra i bambini, in Yemen oggi i più piccoli muoiono soprattutto di fame, come ha denunciato un recente report di Save The Chlidren. Una morte atroce, che si sta consumando nell’indifferenza del resto del mondo.
Gli italiani sono rimasti molto impressionati da questi fatti, ma è nel momento della commozione generale e della condivisione sui social delle foto con i bambini morenti e dei messaggi di solidarietà allo Yemen, che arriva l’affondo contro l’Italia e gli italiani, accusati di ipocrisia e di piangere “lacrime di coccodrillo”. Perché quella della guerra in Yemen è una tragedia sconvolgente e senza eguali, della quale è responsabile anche la comunità internazionale, soprattutto i Paesi occidentali, Italia compresa. La guerra in Yemen, infatti, è combattuta con le armi che l’Occidente, in primo luogo gli Stati Uniti, ma anche l’Europa e l’Italia, vende all’Arabia Saudita, principale responsabile dei bombardamenti sullo Yemen. La coalizione guidata dai sauditi ha provocato finora la morte di oltre 4.000 civili, secondo alcune stime sarebbero 10.000. Morti sono causati anche dalle bombe fabbricate in Italia. Bombe prodotte in Sardegna, i una fabbrica di Domusnovas, nel Sulcis Iglesiente, la Rwm, di proprietà tedesca. L’utilizzo delle bombe prodotte in Sardegna nella guerra dello Yemen è stato descritto in una video inchiesta del New York Times, uscita nel 2017. Le armi, fabbricate in Sardegna dalla tedesca Rwm, partono dall’aeroporto di Cagliari verso l’Araba Saudita. Dal 2015 a maggio del 2017 l’Italia ha fornito armi, bombe e munizioni all’Arabia Saudita per circa 40 milioni di euro. Ha accertato il New York Times. La legge italiana n. 185/1990 vieta l’esportazione di armi ai Paesi coinvolti in conflitti armati.
Le recenti denunce sullo stato dei civili e soprattutto dei bambini yemeniti non ha fatto smettere né ridurre la vendita di armi. Solo due Paesi europei hanno deciso di sospendere la vendita di armi all’Arabia Saudita: la Germania e la Danimarca. Una decisione presa a seguito del brutale assassinio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi, ucciso il 2 ottobre 2018 nel consolato saudita ad Istanbul, e della situazione in Yemen. Da tutti gli altri Paesi europei sono arrivate solo generiche promesse. La decisione è stata presa dopo una recente riunione con gli altri ministri degli Esteri dell’Unione Europea, ha spiegato il capo della diplomazia danese. Ma ad averla messa in pratica sono state solo Germania e Danimarca. Ecco perché sono arrivate le dure accuse agli altri Paesi occidentali e all’Italia.
A puntare il dito è stato Paolo Pezzati, policy advisor di Oxfam Italia per le emergenze umanitarie, una delle Ong più impegnate a fronteggiare la crisi umanitaria in Yemen, insieme a Save The Chlidren. “Di fronte a ogni singola vita persa in questo scandaloso conflitto le potenze mondiali dovrebbero provare vergogna – accusa Pezzati -. Chiunque sostenga direttamente o indirettamente le parti in conflitto si sta rendendo di fatto complice di questo massacro. Quante persone devono ancora morire perché si abbia un’ammissione di complicità da parte delle potenze che alimentano questa guerra da oltre tre anni? Per questo chiediamo agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna e all’Italia di sospendere immediatamente la vendita di armi ai sauditi. Dopo l’audizione in Commissione Esteri alla Camera con le altre associazioni umanitarie impegnate nel Paese, ci aspettiamo che il nostro governo cambi strada rispetto agli ultimi anni, smettendo di avallare l’export di armi, soprattutto bombe, verso l’Arabia Saudita e gli altri Paesi coinvolti per milioni di euro“. L’accusa e la denuncia sono state pubblicate sull’HuffPost Italia.
Dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi è arrivata la rassicurazione che l’Italia sta “senz’altro valutando” la possibilità di bloccare la fornitura di armi all’Arabia Saudita. “Sulla vendita di armi a Paesi che violano i diritti umani fondamentali, noi del Movimento abbiamo sempre avuto una posizione chiara“, hanno dichiarato Simona Suriano, Yana Ehm, Santi Cappellani e Pino Cabras, parlamentari 5 Stelle in Commissione Affari Esteri alla Camera. “Proprio per questo – hanno aggiunto – vorremmo che l’Italia adottasse in merito normative altrettanto chiare. E la legge 185 del 1990 sull’export delle armi, purtroppo, non sembra capace di rispondere a tali esigenze, come comprovato dal rapporto tra il nostro Paese e l’Arabia Saudita“.
“Io stesso sono intervenuto più volte, durante la plenaria di Strasburgo, per denunciare quello che avviene in Yemen, dove si continua a combattere una guerra per procura, un massacro sotto silenzio“, ha detto Fabio Massimo Castaldo, EFDD – M5S Europa. “Le vittime di questo massacro sono soprattutto civili inermi, tra cui bambini. Aspetto, questo, evidenziato anche dal quotidiano americano (il New York Times, ndr) attraverso alcune immagini – ha continuato Castaldo -. Più volte ho chiesto all’Europa di levare finalmente la sua voce e di agire anche sui propri Stati membri. Sì, perché non è tollerabile che a prevalere sia il timore di urtare gli interessi dell’Arabia Saudita e della lobby europea degli armamenti“. Il deputato europeo ha spiegato che “ci sarebbe la possibilità di poter fermare questa tragedia attraverso il rispetto degli otto criteri del Codice di condotta dell’Unione Europea per le esportazioni di armi del 2008. Criteri che l’Europa ha sempre calpestato, pur avendoli affermati, perché in proposito non è prevista alcuna forma di sanzione“.
“Non vorrei che, a forza di chiudere gli occhi per proteggere l’utile (quello di alcuni Paesi), finissimo per diventare ciechi davanti all’indispensabile – ha concluso Castaldo -. Con il M5S al Governo e con il suo rappresentante nel Consiglio europeo faremo di tutto per evitare di diventare complici di queste guerre per procura che non hanno fatto altro che portare, nel corso degli anni, morte e distruzione“.
Ora il M5S è al governo, ma l’Italia continua a vendere armi all’Arabia Saudita. L’affondo arriva da Amnesty International: “Il Governo italiano sta continuando a fornire armi all’Arabia Saudita e agli altri membri della coalizione da utilizzare contro lo Yemen, violando il diritto nazionale ed internazionale. Tra le norme violate, ci sono quelle stabilite nel Trattato sul commercio delle armi a cui l’Italia ha aderito proprio per prevenire la sofferenza umana dovuta ad un commercio sconsiderato e senza regole, oltre alla legge italiana 185 del 1990 che vieta espressamente la vendita di armi a Paesi coinvolti in conflitti armati. Anche bombe prodotte in Italia sono state utilizzate in questi anni di violento conflitto, come confermato dal Rapporto delle Nazioni Unite sul conflitto nello Yemen dello scorso 27 gennaio dove si mostrano le prove dell’utilizzo di bombe targate RWM da parte della coalizione araba nella capitale Sana’a“.
Nel frattempo, la ministra della Difesa Elisabetta Trenta (M5S) ha annunciato su Facebook di aver chiesto conto al Ministero degli Esteri della vendita di armi dall’Italia all’Arabia Saudita. La competenza su questa materia, infatti, è del Ministero degli Esteri, al quale la ministra della Difesa ha inviato una richiesta di chiarimenti, chiedendo di interrompere subito l’export di armi verso l’Arabia Saudita.
Che dire unimamme? Inutile piangere per i bambini in Yemen se siamo responsabili di quello che sta accadendo.