Delitto Vannini: più che dimezzata la pena per Ciontoli. La mamma disperata

Marco Vannini

Delitto Vannini: più che dimezzata la pena per Ciontoli in appello. La sentenza shock e la mamma disperata.

Da 14 a 5 anni questa è la pena notevolmente ridotta in appello ad Antonio Ciontoli per il delitto di Marco Vannini, il ragazzo di Cerveteri morto a 20 anni nel 2015 per un colpo di pistola che lo raggiunse mentre era in casa della fidanzata, con lei e i suoi familiari. La sentenza d’appello ha scatenato le ire e lo sconcerto dei genitori del ragazzo.

Delitto Vannini: solo 5 anni a Ciontoli in appello

Una sentenza che sta già facendo discutere e che scatenerà le inevitabili polemiche. Antonio Ciontoli, il militare accusato di aver sparato al fidanzato della figlia, Marco Vannini di 20 anni, provocandone la morte, si è visto ridurre la pena in appello da 14 a 5 anni di reclusione. Con la condanna di primo grado per omicidio volontario mutata in omicidio colposo.

L’uomo era stato anche accusato insieme alla moglie, alla figlia e al figlio di non aver prestato soccorso al ragazzo, se non con grave ritardo. circostanza che molto probabilmente ne ha causato la morte. Marco si sarebbe potuto essere salvare se fosse stato soccorso in tempo da un’ambulanza.

Il caso risale alla sera del 18 maggio 2015, Marco Vannini un ragazzo di 20 anni di Cerveteri era a casa della fidanzata Martina, a Ladispoli, vicino Roma. Nell’abitazione si trovavano anche i genitori della ragazza, Antonio Ciontoli e Maria Pezzillo, suo fratello, Federico Ciontoli con la fidanzata Viola Giorgini.

Per motivi che non sono mai stati chiariti fino in fondo, Marco era stato ferito da un colpo di arma da fuoco, partito dalla pistola di proprietà del padre di Martina, Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina Militare, impiegato nei servizi segreti. L’uomo ha sempre detto agli inquirenti di essere stato l’unico a sparare e che si era trattato di un incidente.

Marco era stato colpito all’ascella destra, a quel punto la famiglia Ciontoli è andata nel panico: prima ha chiamato l’ambulanza per poi disdirla, tentando di aiutare Marco, ma senza riuscirci. Il ragazzo era ferito gravemente ed era indispensabile portarlo in ospedale. Dopo inutili tentativi, la famiglia si è decisa a chiamare di nuovo l’ambulanza, però senza spiegare il vero motivo della chiamata. I Ciontoli hanno detto all’operatore del 118 che il ragazzo era caduto nella vasca da bagno e si era ferito con la punta di un pettine, poi aveva avuto un attacco di panico. Durante la telefonata al 118 l’operatore aveva sentito i lamenti di Marco.

Quando l’ambulanza finalmente è arrivata a casa dei Ciontoli, il personale sanitario non era preparato per soccorrere un ferito da arma da fuoco. Solo all’ospedale di Civitavecchia Antonio Ciontoli ha dovuto ammettere di fronte al medico che Marco era stato ferito con un colpo di pistola. Il foro di entrata del proiettile era piccolo e al momento del soccorso non lasciava pensare ad una ferita da arma da fuoco. Le condizioni del ragazzo però erano gravi: il proiettile aveva ferito cuore e polmoni. Nel frattempo erano passate delle ore.

Dal momento dello sparo all’arrivo in ospedale erano trascorse tre ore circa. Un tempo molto lungo che è stato fatale al ragazzo, morto poco dopo il ricovero. Marco si poteva salvare se fosse stato soccorso in tempo, hanno riferito i periti del tribunale. Invece, come hanno accertato le indagini, i Ciontoli hanno pensato per prima cosa a salvare se stessi, occultando le prove di quello che era accaduto. Prima di chiamare i soccorsi, hanno tolto i vestiti a Marco e lo hanno lavato in modo che non apparisse che era stato colpito con da uno sparo. Anche i vestiti del povero Marco sono stati lavati. Quando il ragazzo è arrivato in ospedale non indossava i suoi vestiti, si è accorta subito la madre. Gli abiti di Marco sono stati ritrovati nei giorni seguenti, puliti e piegati, in casa Ciontoli.

Una vicenda di cui tv e giornali si sono occupati a lungo, con diverse puntate di Chi l’ha visto? per provare a fare chiarezza su un caso che rimane un mistero. Di certo è che qualcuno ha sparato al povero Marco quella sera di maggio 2015 e che le persone che erano in casa non lo hanno soccorso e hanno occultato le prove di quello che era accaduto. Questi sono i fatti accertati.

Nella sentenza di primo grado. pronunciata dalla prima Corte d’Assise di Roma lo scorso aprile, Antonio Ciontoli era stato condannato a 14 anni di carcere per omicidio volontario, mentre una pena di 3 anni per omicidio colposo era stata inflitta alla moglie Maria Pezzillo, alla figlia Martina e al figlio Federico. La fidanzata di Federico, Viola Giorgini, che pure era in casa al momento dei fatti, invece era stata assolta dall’accusa di omissione di soccorso. La corte, poi aveva, inflitto ai Ciontoli una provvisionale da 400mila euro come risarcimento alla famiglia della vittima.

Già all’epoca della prima sentenza, la madre di Marco, Marina Conte, aveva reagito malissimo alla pronuncia della corte, ritenendo la pena per i Ciontoli troppo lieve. Il pm Alessandra D’Amore aveva chiesto una pena di 21 anni di carcere per il Antonio Ciontoli, 14 anni per la moglie Maria Pezzillo e i due figli, Martina e Federico. Tutti accusati di concorso in omicidio volontario. Mentre per la fidanzata di Federico, Viola Giorgini, l’accusa aveva chiesto due anni di carcere, con sospensione della pena, per omissione di soccorso.

Ora con la nuova sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma, la mamma di Marco ha avuto un altro duro colpo. La condanna a 3 anni di reclusione per la fidanzata di Marco, suo fratello e sua madre è stata confermata, mentre quella per Antonio Ciontoli è stata più che dimezzata, ridotta quasi di un terzo: 5 anni di carcere. Una pena molto più lieve, perché il militare è stato condannato non più per omicidio volontario, ma colposo. In appello, invece, l’accusa aveva chiesto una condanna a 14 anni per tutti i componenti della famiglia. Viola Giorgini è stata assolta come in primo grado.

Una sentenza che ha sconvolto mamma Marina che in aula ha urlato: “Vergogna, è uno schifo!”. “Chi protegge questi personaggi? – ha accusato la donna – Mio figlio è stato lasciato agonizzante e poteva salvarsi se fosse stato soccorso in tempo“. La madre di Marco ha anche provato ad avvicinarsi al banco della corte, ma è stata ammonita dal presidente.

Sconvolto anche il padre del ragazzo che ha gridato tutto il suo sdegno: “Strappo la tessera elettorale”. “La vita di Marco non può valere cinque anni. Dove sta la Legge? Aveva il futuro davanti“, ha detto sconfortato il padre. Alla lettura della sentenza, i parenti e gli amici della vittima hanno urlato contro i giudici: “Venduti, non c’è Stato per Marco!”. Quindi sono stati allontanati dall’aula.

Sulla vicenda è intervenuto anche il sindaco di Cerveteri, Alessio Pascucci, indignato dalla sentenza d’appello: “Uno Stato che consente di uccidere un suo ragazzo senza che di fatto i suoi assassini vengano puniti non è uno Stato di diritto ma è uno Stato in cui la giustizia oramai è morta e le Istituzioni non sono più un riferimento credibile per i cittadini“. “Spiace dirlo da uomo delle Istituzioni ma il caso di Marco ha scosso tutta la nostra comunità, per l’evento truce e infame che ha portato alla morte di questo giovane ragazzo. Da sindaco mi sento di dire che oggi provo un senso di vergogna nell’indossare la fascia tricolore in rappresentanza di uno Stato che non tutela i cittadini e che lascia impuniti gli assassini di Marco. Metterò le bandiere della nostra città a lutto e invito i sindaci di tutta Italia a farlo in rispetto di Marco Vannini e dei tantissimi che come lui hanno perso la vita senza che lo Stato italiano gli riconoscesse giustizia“. Ha concluso Pascucci, come si legge su Roma Today.

Fuori dall’aula, mamma Marina ha detto ai giornalisti: “È una sentenza vergognosa… Tutti sanno delle chiamate al 118, tutti hanno sentito le urla di mio figlio…“, riporta TerzoBinario.it. “Loro dicono che è tutta una cosa montata, che sono le telecamere… che sono io che ho fatto tutta questa pressione mediatica – ha continuato Marina – Non sono io, sono i fatti che lo dimostrano… e comunque loro per me resteranno cinque assassini“. “Comunque io non mi fermerò mai – ha aggiunto mamma Marina – adesso mi vedete affranta dal dolore, ma io non mollerò… il mio prossimo obiettivo è riconsegnare le schede elettorali e chiedere un colloquio con Salvini“,

Che dire unimamme? Questa vicenda ci lascia senza parole.

La lettura della sentenza nel processo di appello per il delitto Vannini, nel video di TerzoBinario.it News

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