Fare un figlio costa ma è necessario

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In Italia, come sappiamo, fare un figlio è particolarmente costoso. Il welfare in aiuto alle mamme è molto carente, per non parlare degli ostacoli del mondo del lavoro, tra ricatti, licenziamenti illeciti e mobbing nei confronti di mamme e donne che desiderano figli. Un comportamento peraltro suicida per la stessa struttura produttiva del Paese e la crescita economica. Le mamme, però, se la devono cavare da sole se non c’è l’aiuto della famiglia di origine. Ai nipoti, infatti, badano spesso i nonni, un aiuto prezioso e indispensabile per le mamme che lavorano. Gli asili nidi pubblici, infatti, scarseggiano e le graduatorie per le ammissioni sono lunghissime. Va a finire che molte famiglie sono costrette a mandare i figli all’asilo privato, con un esborso notevole ogni mese, che non tutti si possono permettere.

Ma quanto costa in Italia fare un figlio? Uno studio ha fatto i conti.

Quanto costa fare un figlio in Italia

L’Italia sta attraversando un calo demografico continuo e preoccupante da qualche anno. Addirittura fino a 12mila nati in meno nel 2016, come da dati Istat. Dati allarmanti, di fronte ai quali però non vengono prese misure sufficienti per contrastare la denatalità. Bonus bebè e assegni familiari non bastano e sono troppo bassi per chi ha veri problemi economici, mentre il mondo del lavoro è sempre più penalizzante e discriminante verso le donne, gli asili nido scarseggiano e i nonni sono costretti a restare al lavoro fino ad età molto avanzata.

Il calo demografico è penalizzante per la stessa economia di un Paese, per non parlare dell’insostenibilità futura di sanità e pensioni, ma questo scenario drammatico non sembra preoccupare troppo la classe dirigente italiana, tutta concentrata sul momento presente e disinteressata al futuro, come dimostrano molte politiche di respiro corto. Eppure gli studi dimostrano che un aumento della natalità avrebbe effetti positivi sul Pil.

“Dal 1961 al 2017 c’è stata una riduzione di circa un terzo della popolazione sotto i 15 anni. I bambini hanno sempre meno fratelli e sorelle, vivono in una società che continua a invecchiare e devono fare i conti con un crescente vuoto relazionale”, ha riferito Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save The Children, organizzazione che in più occasioni ha denunciato i problemi dell’infanzia in Italia: dalle difficoltà per le mamme alla povertà dei bambini italiani.

Nel frattempo, le famiglie lottano tutti i giorni per mettere al mondo e crescere i figli, assicurare loro un mantenimento dignitoso, un’educazione adeguata, l’assistenza e l’istruzione di cui hanno bisogno e allo stesso tempo farli crescere più sereni possibili. Una vera e propria impresa, soprattutto per le famiglie numerose, ormai in Italia una rarità.

Tanto per rendersi conto della dimensione del fenomeno, negli anni Sessanta le famiglie con 4 figli erano circa 1 milione, oggi invece sono meno di 130mila. Numeri drammatici, con l’allarme che viene proprio dalle famiglie numerose.

“Quando i figli del baby-boom andranno in pensione, si dimezzeranno i lavoratori attivi, a fronte di un raddoppio dei pensionati. I sistemi pensionistici, ma soprattutto sanitari diventeranno insostenibili, a meno che non vengano fortemente ridotte le prestazioni”, ha avvertito l’Associazione nazionale famiglie numerose con lo studio “Figli, giovani e famiglia“, che cita il report “The silver economy, global ageing primer” degli analisti di Bank of America Merryl Lynch. Uno studio scientifico in piena regola, che sottolinea i problemi attuali dell’Italia e delinea scenari molto preoccupanti.

Paradossalmente, la crisi economica provoca una riduzione delle nascite, a causa della mancanza di lavoro oppure del lavoro sempre più precario, intermittente e poco retribuito, e allo stesso tempo il calo delle nascite rallenta ancora di più la crescita economica. Vengono meno, infatti, tutti quei servizi e prodotti per l’infanzia e l’adolescenza, il Paese si impoverisce e va in contro ad un futuro di stenti per gli anziani pensionati e malati, che avranno un numero sempre più basso di popolazione attiva in grado di pagare il welfare.

L’Associazione nazionale famiglie numerose ha fatto anche i conti su quanto costa un figlio ad una famiglia, il conto è di poco più di 8.000 euro all’anno. Somma che tiene conto di diverse voci di spesa: cibo, vestiti, i trasporti, gli impegni extrascolastici dei figli, le bollette di acqua, luce e gas per il riscaldamento, fino alle spese di affitto o di manutenzione della casa. A questa somma vanno poi aggiunti oltre 3.000 euro nei primi tre anni di vita del bambino per baby sitter, carrozzine, pannolini, letti ed accessori.

In particolare lo Stato non tiene conto delle esigenze delle famiglie numerose, dei costi reali che sostengono per mantenere i figli e mandarli a scuola. Non ci sono politiche adeguate a sostegno delle famiglie e i sistemi di calcolo di reddito, delle imposte e delle tariffe dei servizi non tengono conto o non lo fanno in modo corretto delle spese per i figli.

Per non parlare delle risorse destinate alle famiglie che in Italia sono l’1,3% del Pil, ben al di sotto della media dell’Unione Europea, al 2,7%.

Le famiglie numerose, poi, sono penalizzate dal fisco, che considera il principio dell’equità verticale, ovvero del calcolo delle tasse sul reddito individuale, mentre penalizza l’equità orizzontale, relativa al numero delle persone che vivono nel nucleo familiare.  Poi, le addizionali locali vengono calcolate sul reddito lordo, senza calcolare i carichi familiari.

Le bollette di gas e luce penalizzano chi consuma di più, ma non tengono conto del numero di persone che vivono in una casa, sottolinea l’Associazione nazionale famiglie numerose.

Lo stesso modello Isee, l’indicatore che misura la ricchezza delle famiglie per individuare le fasce di reddito su cui calcolare il costo di molti servizi pubblici, “assegna un peso molto limitato ai figli, in quanto vengono considerate le sole spese di mantenimento (quelli essenziali alla sopravvivenza: mangiare e dormire), ignorando completamente quelle di accrescimento (studio, abbigliamento, tempo libero)”.

Le agevolazioni riconosciute alle famiglie numerose non sono sufficienti e coprono solo una piccola parte dei costi aggiuntivi, che le famiglie sono costrette a sostenere all’aumentare del numero dei figli: dalla baby sitter, alla colf alle rette della mensa e alle attività a pagamento in orario scolastico.

Insomma le famiglie italiane in genere e quelle numerose in particolare non ricevono dallo Stato l’aiuto di cui hanno bisogno e questo avviene in un momento storico in cui la grave crisi demografica non ci permette il lusso di non fare figli.

Dello studio dell’Associazione nazionale famiglie numerose si è occupato il Corriere della Sera.

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