Una ragazza di 16 anni è stata determinante per trovare i responsabili delle violenze sul pensionato di Manduria.
Mentre sono stati disposti 8 fermi di cui 6 per minorenni in merito alla morte di Antonio Stano, il pensionato sessantaseienne di Manduria, emerge la storia di una sedicenne che ha contribuito all’arresto di coetanei criminali.
Baby gang a Manduria: chi li ha denunciati
La fidanzata di uno dei monorenni fermati che dal 2012 perseguitavano il pensionato si è presentata in commissariato per mostrare i video delle violenze agli inquirenti.
La giovane ha riconosciuto gli aggressori, ha fornito prove e ha parlato persino di adulti che hanno cercato di inquinare le prove, come lo zio di uno dei ragazzi che ha intimato agli altri componenti della banda di non fare il nome del nipote.
A contribuire allo svolgersi delle indagini è stato anche il diciannovenne finito in carcere che ha detto alla forze dell’ordine che “andare a sfottere il pazzo” era il modo in cui questa baby gang cercava di combattere la noia del sabato sera.
Sull’aggressione compiuta sull’uscio di casa il giovane ha aggiunto che A., un componente della banda, è sceso per primo dall’auto e ha iniziato a sferrare calci alla porta d’ingresso: “poi la porta si apriva, un uomo è uscito, A. gli ha sferrato un forte schiaffo sul volto e calci, intanto il mio amico riprendeva tutto”.
La procuratrice Montanaro ha commentato su questo punto: “la dinamica del branco non veniva messa in atto soltanto attraverso azioni fisiche ma anche attraverso la condivisione delle riprese delle loro nefandezze”.
In tanti, oltre ai bulli, erano a conoscenza delle violenze, dello stalking continuo e delle sofferenze patite da Stano, c’erano adulti che avevano visti i filmati, genitori che hanno cercato di minimizzare le loro azioni, i vicini che per settimane hanno ignorato le urla strazianti dell’uomo e non hanno chiamato i carabinieri con tempestività, una professoressa che ha visto il video sullo smartphone di un alunno e si è limitata a segnalarlo alla mamma, infine i parenti dellla vittima che hanno dichiarato di non aver saputo niente degli abusi che andavano avanti da anni.
I servizi sociali hanno negato di essere stati coinvolti nonostante un’insegnante sostenga di averli coinvolti.
In pratica gran parte di questo paese era al corrente di quanto accadeva a un loro concittadino più fragile.
Ora i ragazzi che hanno ricevuto il fermo devono rispondere di tortura, danneggiamento, violazione di domicilio e sequestro di persona aggravato.
I giovani che hanno ricevuto il fermo avrebbero partecipato ad almeno 5 aggressioni a Stano. I maggiorenni sono in carcere mentre gli altri sono stati affidati a comunità.
Il procuratore dei minori, Carlo Maria Capristo ha assicurato che si indagherà anche sugli adulti che sapevano.”Indagheremo anche sulle responsabilità di chi sapeva e non ha segnalato“.
Unimamme, cosa ne pensate di quanto emerso e raccontato su La Repubblica?
Nell’avvilente clima generale di indifferenza almeno una ragazza ha avuto il coraggio di denunciare.
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